Pessime notizie per la produzione industriale italiana e non poteva essere diversamente anche per il contesto internazionale e la situazione macroeconomica dei maggiori Paesi, oltre che per il tracollo del settore auto in Italia: nei primi tre mesi del 2025 la produzione di Stellantis è in forte peggioramento rispetto allo stesso periodo del 2024 che era stato “un anno nero” come non vedeva dal 1956; tra auto e furgoni commerciali sono state prodotte 109.900 unità, con un calo del 35,5%, secondo un report di Fim-Cisl.
Secondo i dati diffusi oggi dall’Istat a febbraio l’indice destagionalizzato della produzione industriale è sceso dello 0,9% rispetto a gennaio. Su base annua, al netto degli effetti di calendario, l’indice generale è diminuito del 2,7%. Secondo l’istituto “la dinamica tendenziale è negativa per tutti i principali raggruppamenti di industrie, con l’eccezione dell’energia”. E’ il 25esimo calo consecutivo su base annua.
Ecco tutti i dettagli.
COSA MOSTRA L’INDICE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
A febbraio 2025 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dello 0,9% rispetto a gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio il livello della produzione diminuisce dello 0,7% rispetto ai tre mesi precedenti.
I SETTORI CHE SALGONO E CHE SCENDONO
L’indice destagionalizzato – sottolinea l’Istat – aumenta su base mensile solo per l’energia (+4,0%); mentre si osservano flessioni per i beni strumentali (-3,3%), i beni intermedi (-2,0%) e i beni di consumo (-1,9%).
LA FLESSIONE GENERALE
Al netto degli effetti di calendario, a febbraio 2025 l’indice generale diminuisce in termini tendenziali del 2,7% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 21 di febbraio 2024). Si registra una crescita esclusivamente per l’energia (+7,6%); al contrario, diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-9,8%), i beni intermedi (-4,6%) e i beni di consumo (-2,0%).
LE MAGGIORI TENDENZE DEI SETTORI
I soli settori di attività economica che presentano incrementi tendenziali sono la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+19,4%), l’industria del legno, della carta e stampa (+3,4%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+1,6%). Nei rimanenti comparti, le flessioni più ampie si rilevano nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-14,1%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,9%) e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-12,0%).
IL COMMENTO DELL’ISTAT
Commenta l’Istat: “A febbraio la produzione industriale destagionalizzata diminuisce rispetto a gennaio. Il calo è diffuso ai principali raggruppamenti di industrie, con esclusione dell’energia. Risulta negativo anche l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice complessivo prosegue la lunga fase di flessione. La dinamica tendenziale è negativa per tutti i principali raggruppamenti di industrie, con l’eccezione dell’energia”.
GLI SCENARI NON OTTIMISTICI DEL SOLE 24 ORE
Ma quali sono le prospettive per l’industria italiana? Non esaltanti, per diverse ragioni, secondo il Sole 24 ore che oggi scrive: “Limitata è ancora la spinta che in questa fase può arrivare dal nostro principale “cliente”, cioè la Germania, che a febbraio vede un nuovo arretramento della produzione industriale (giù del 4% su base annua), con previsioni 2025 che sono persino meno brillanti rispetto a quelle italiane: l’istituto Ifo, ad esempio, ipotizza per Berlino nel 2025 un progresso del Pil di appena due decimali. L’aspetto positivo, in attesa che si dispieghino i primi effetti dei dazi di Trump (al momento, ed è il caso di ribadire l’aspetto transitorio, le tariffe sull’auto parrebbero confermate), riguarda il comparto delle quattro ruote, con la produzione locale di Berlino che nei primi tre mesi dell’anno è in progresso del 5% a quasi 1,1 milioni di unità (dieci volte la produzione italiana nello stesso periodo), così come in crescita di cinque punti è l’export. Sullo sfondo, in termini di prospettive, resta l’incognita dell’impatto della guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump, con effetti-domino difficilmente prevedibili, anche alla luce dei continui “stop and go” di Washington tra aliquote, merci e paesi colpiti. Per la Cina, ad esempio, Goldman Sachs ha ora rivisto al ribasso di mezzo punto la crescita sia per quest’anno che per il prossimo, ritenendo improbabile che Pechino riesca a compensare l’effetto delle nuove tariffe (ora al 125%) verso il mercato Usa”.
LA DIREZIONE DI MARCIA SECONDO IL GOVERNO
D’altronde pure il governo non vede troppo rosa. L’esecutivo ieri, infatti, ha dimezzato le stime della crescita per il 2025. In compenso il deficit scenderà sotto al 3% già dal 2026, con il debito in frenata dall’anno successivo con l’attenuarsi del peso del Superbonus sui conti pubblici. Il Def approvato dal Cdm indica per quest’anno il Pil al +0,6% – nel Psb dello scorso autunno era a +1,2% – mentre per 2026 e 2027 ipotizza un aumento a +0,8%. La revisione al ribasso è stata influenzata da diversi fattori: la guerra commerciale in atto scatenata dagli Usa con i dazi globali reciproci, i conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente, i contraccolpi del caro energia sull’attività imprenditoriale, già frenata in Europa dalle difficoltà nella transizione e nella spesa dei fondi Pnrr. “Questo Def viene adottato in una situazione molto complessa sotto l’aspetto economico globale, tutto ciò rende molto complicate e difficili, persino aleatorie, le previsioni di lungo ma anche quelle di medio termine”, sottolinea il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.