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I casini della Bce sui tassi

La Bce è riuscita nell’impresa, non banale, di annunciare il taglio dei tassi, facendo aumentare i tassi. L'analisi di Giuseppe Liturri.

 

Giovedì Christine Lagarde è riuscita nell’impresa, non banale, di annunciare il taglio dei tassi, facendo aumentare i tassi.

No, non è un gioco di parole. La spiegazione è che gli investitori avevano ampiamente già prezzato un sentiero di discesa dei tassi, dove il taglio di giugno era solo il primo passo di una serie di almeno altri tre tagli. Per arrivare – all’inizio del 2025 – ad un tasso sui depositi intorno a 2,75%, dall’attuale 3,75% dopo il primo taglio di giovedì.

Invece nel comunicato e nella successiva conferenza stampa i toni sono stati estremamente prudenti per quanto riguarda i successivi passi. “Non prendiamo impegni in anticipo” è stata la trincea su cui si è attestata la Lagarde.

Allora la reazione dei mercati è stata quella di spingere al rialzo i rendimenti su tutta la parte medio-lunga della curva, vendendo e facendo scendere i prezzi. Perché (così ragionano gli investitori) il decennale italiano (ma anche tedesco e francese) si compra se c’è prospettiva di discesa dei tassi (rialzo dei prezzi). Altrimenti si vende o si sta alla finestra, ed è ciò che è accaduto. Btp decennale di nuovo verso il 3,90% e cambio euro/dollaro al rialzo fino a sfiorare 1,09.

Le parole della Lagarde hanno enfatizzato i rischi tuttora esistenti di vischiosità dell’inflazione e di lentezza nella velocità di avvicinamento all’obiettivo del 2%. A ciò si aggiunga la dinamica sostenuta dei salari e il basso tasso di disoccupazione, elementi che suggeriscono prudenza nell’annuncio di nuovi tagli dei tassi.

Peccato che in Italia non ci sia alcuna traccia dei fattori che inducono alla prudenza la Bce. Con l’inflazione ben al di sotto del 1% da ottobre scorso, i tassi reali sono addirittura in aumento e frenano l’attività economica.

L’incertezza che ha seminato la Lagarde sui mercati è stata tale che venerdì mattina c’è stata la coda di esponenti della Bce tutti all’opera per spiegare, smussare, limare, le dichiarazioni del pomeriggio precedente francamente sconcertanti e prive di qualsiasi prospettiva. Ma se non la dà la Bce una prospettiva, con tutta la capacità di analisi dell’economia che dovrebbe avere, allora nelle mani di chi abbiamo messo la politica monetaria, si saranno chiesti in molti sui mercati? Ed allora via con le vendite. Niente di paragonabile a quel disastroso “non siamo qui per ridurre gli spread” del marzo 2020, ma ancora una volta un mezzo disastro verbale.

Ma il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Perché dopo appena 24 ore, le prospettive incerte della Lagarde sono state messe a nudo dalle notizie giunte dagli USA. Dove dei dati del mercato del lavoro particolarmente robusti e superiori alle attese hanno ancora una volta abbassato la probabilità che la Fed riduca i tassi entro fine anno.

Si concretizza così lo scenario peggiore per la Bce e l’euro. Ben descritto da un autorevole commentatore, come Mohamed El-Erian che ha espresso più volte dei dubbi sulla capacità della Bce di reggere a lungo sulla strada di ripetuti tagli dei tassi, senza essere seguita dalla Fed. È infatti elevato il rischio di turbolenze sul mercato dei cambi. E ieri pomeriggio abbiamo avuto un primo segnale appena sono stati pubblicati i dati Usa: il cambio euro/dollaro è sceso in pochi secondi da 1,09 a 1,08 e il Btp decennale ha visto istantaneamente aumentare il rendimento da 3,90%a poco meno del 4%.

Entrambi i movimenti sono stati di una rapidità che nasconde grande nervosismo degli investitori e grande sensibilità alle scelte delle Fed sui tassi, ben consapevoli che sarà quest’ultima a dettare la direzione. E se la Bce è necessariamente su un sentiero divergente, avrà molti problemi a seguirlo in autonomia. E allora sarà a rischio la crescita, già asfittica, dell’economia europea.

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