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Verità e sorprese sulla Borsa di Milano

Tre considerazioni sull'andamento della Borsa di Milano nel 2023. L'analisi di Alberto Gustavo Franceschini Weiss, presidente di Ambromobiliare, società di consulenza in finanza strategica.

Alcune considerazioni finali sulla Borsa di Milano ad inizio 2024.

L’investimento azionario rende più del reddito fisso

Il FTSE MIB ha guadagnato nel 2023 il 25,5%; ciò significa che, se un investitore avesse comprato un ETF replicante il FTSE MIB ( e ce ne sono tanti), avrebbe avuto un rendimento lordo di oltre il 25%: mica male come rendimento…

Volendo andare indietro di 2 anni, all’inizio del 2022, il rendimento sarebbe stato superiore al 9,30%. Il che dimostra che l’investimento azionario è sempre meglio dei titoli a reddito fisso.

Le motivazioni sottostanti sono varie, ma la più importante è che la Borsa di Milano ha sovraperformato rispetto alle borse europee semplicemente perché è sbilanciata verso il settore banking: con il rialzo dei tassi, le azioni bancarie sono volate; Unicredit ha fatto +82,6%, Intesa + 24,5% MPS +48,5%

I più felici sono stati gli investitori istituzionali esteri, visto che il flottante è prevalentemente in mano a fondi internazionali che credono di più nelle imprese italiane di quanto lo facciano i fondi nazionali (e qui ci sarebbe da aprire non un capitolo, ma una “divina commedia”…)

La Borsa di Milano, che è il luogo dove si investe sulle azioni e che ha consentito queste performance, ha problemi strutturali

La Borsa di Milano si è rivelata anche la più dinamica in Europa: ben 39 quotazioni in un anno, il che porta il totale delle imprese quotate alla borsa di Milano a 429 società.

  • Anche in questo caso il dato positivo nasconde alcuni problemi:
    Delle 39, ben 34 sono imprese che si sono quotate al segmento EGM di Borsa Italiana (Euronext Growth Milano – Ex AIM Italia), il listino riservato alle PMI, e i cui collocamenti in alcuni casi sono stati inferiori a 3 milioni di Euro.
  • Solo 5 società si sono quotate al cd “listino principale” con collocamenti superiori a 100 milioni di Euro ma inferiori a 1 mld
  • Il dato di 429 società quotate è al netto di 26 cancellazioni di imprese che sono uscite dalla Borsa (il cd “delisting”), quasi tutte a seguito di OPA lanciate da investitori che hanno rilevato la maggioranza dai vecchi soci di controllo. Considerando che tra i delisting ci sono state società come DEA Capital e Autogrill, è più il denaro rimborsato agli investitori del denaro impiegato per sottoscrivere le nuove IPO.

In pratica, al termine del 2023 i fondi e i risparmiatori che hanno investito sulla Borsa di Milano in generale sono più liquidi e più ricchi di quanto lo erano all’inizio del 2023.

I bei numeri però non nascondono il fatto che la Borsa di Milano non è in una fase molto florida: all’inizio del 2013 le società quotate erano 317, di cui 27 all’ EGM, il segmento dedicato alle PMI; alla fine del 2023 (cioè 11 anni dopo) le società quotate erano 429, di cui 203 quotate all’EGM.

In questi 11 anni le PMI che sono passate dall’ EGM al listino principale – il cd “translisting” – sono state oltre 30, di cui la maggior parte al segmento STAR.

In pratica la Borsa di Milano ha perso quasi il 30% di imprese medio-grandi. Senza il segmento EGM, la borsa di Milano – come numero di imprese quotate – sarebbe regredita ai livelli di fine anni ’90 del secolo scorso. Se poi si guarda alla raccolta in IPO, la sola Lottomatica ha raccolto più di tutte le nuove imprese quotate all’ EGM nel 2023.

Il problema è in parte regolamentare: oggi la borsa di Milano è strutturata per accogliere le PMI senza problemi, mentre ha ancora un regolamento asfissiante e rigido per accogliere le imprese medio-grandi. E la principale ragione risiede nelle procedure impostate da CONSOB che rendono l’accesso alla borsa costosissimo e complicato.

Ma il vero problema è l’assenza (e ci tengo a sottolinearlo) dei grandi investitori istituzionali di lungo termine: Assicurazioni e Fondi Pensione

La Borsa di Milano è in mano agli investitori stranieri e occorre reindirizzare le assicurazioni e i fondi pensione sull’economia reale italiana

Come dimostrato negli ultimi anni, l’investimento azionario rende mediamente molto di più degli investimenti in titoli a reddito fisso, però a credere all’ “Impresa Italia” sono più gli investitori esteri di quelli nazionali. E questa è un’anomalia tipicamente nostrana molto pericolosa: qualsiasi “stormir di fronde” nella politica nazionale provoca scossoni tra gli investitori esteri che disinvestono e rientrano repentinamente provocando scossoni che arrecano danni al risparmio italiano.

E non è vero che non ci sono imprenditori che vogliono aprirsi al capitale finanziario, perché il passaggio da zero a 209 PMI quotate in 15 anni (l’ EGM è partito nel 2009) dimostra che gli imprenditori che vogliono crescere in modo sano e con pochi debiti ci sono e sono numerosi.

Il problema sottostante è il bassissimo “risk-appetite” degli investitori istituzionali italiani verso la Borsa di Milano: in particolare i fondi pensione che sono gli investitori istituzionali di lungo termine (oltre 200 miliardi di Euro) investono oltre il 25% sull’azionario, ma meno del 5% sulla borsa di Milano (fonte: COVIP), così come i Fondi PIR, che hanno raccolto oltre 17 miliardi, hanno comprato azioni di imprese quotate all’ EGM per meno di 250 milioni di euro (fonte: Assogestioni).

Occorre una modifica della normativa vigente sull’asset allocation dei fondi pensione (modifica a costo zero per lo Stato), come avvenuto in Francia, per cui gli investitori istituzionali di lungo termine sono fortemente invogliati ad investire sull’azionario francese.

Inoltre sarebbe anche necessario un concomitante e importante sforzo di “marketing” per far capire ai risparmiatori italiani che sostenere le proprie imprese è una scelta saggia e lungimirante, molto più dei titoli di stato perché, se le imprese crescono, anche i lavoratori aumentano e il paese cresce e in modo sano.

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