Con l’intervista del capo economista della Bce, Philip Lane, apparsa ieri sul Financial Times, possiamo dire che un taglio dei tassi di 25 punti è ormai cosa fatta. L’ufficialità l’avremo solo giovedì 6 giugno, ma l’economista irlandese è proprio colui che prepara la bozza della decisione per i membri del comitato esecutivo e tanto basta.
Questa è la cosa meno interessante e più scontata. Infatti di rilievo è l’ammissione che la Bce sarà la prima a tagliare i tassi perché i danni inferti all’economia dell’eurozona dalla guerra e dalla crisi energetica hanno avuto effetti deflazionistici, col rallentamento di consumi e investimenti.
Una ben magra soddisfazione perché affermare “Siamo i primi a tagliare, perché siamo stati efficaci”, suona un po’ come “l’intervento è perfettamente riuscito, ma il paziente è morto”.
Preziosa è anche l’indicazione sul sentiero dopo il primo taglio, su cui non prende impegni ed anzi chiarisce che ulteriori possibili riduzioni saranno sempre all’interno del livello restrittivo che si intende mantenere almeno per tutto il 2025. La parola d’ordine è gradualità e non è granché preoccupato da un eventuale indebolimento dell’euro.
Poi è arrivato invece il governatore della banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, a rettificare leggermente il tiro. Ha fatto giustamente notare che se la strategia è quella di lavorare sulla base dei dati, incontro dopo incontro, non ha senso precludersi la possibilità di un ulteriore taglio anche a luglio. Tutte le opzioni sono possibili, ha ribadito.
Interessante è il cenno all’influenza delle decisioni sui tassi USA: quanto più tardi tardano a tagliare oltreoceano, quanto più dovrà compensarsi questo effetto restrittivo con maggiori tagli dei tassi nell’Eurozona. È proprio ciò che abbiamo visto negli ultimi giorni sui mercati, quando il ritardo nel taglio dei tassi USA ha determinato un rialzo dei tassi sulla parte medio-lunga della curva delle scadenze, trascinandosi dietro anche tutti i titoli europei. Ecco perché nel breve termine, potrebbe essere necessario qualche taglio in più. Ma comunque si navigherà a vista.
Infine, Lane ci ha consegnato una riflessione di scenario sul potenziale inflazionistico della transizione energetica e degli investimenti collegati al digitale e all’intelligenza artificiale. Viviamo e vivremo a lungo in un sistema economico strutturalmente inflazionistico e la forza deflazionistica della globalizzazione ha ceduto il passo.
In conclusione, estrema prudenza e nessuno si illuda che i tassi possano scendere significativamente.