Acque agitate in Banca di Asti, fondata nel 1842, i cui principali azionisti sono fondazioni bancarie e istituzioni di credito (Fondazione Cassa di Risparmio di Asti al 31,8%, Fondazione Cassa di Risparmio di Biella al 12,91%, Banco Bpm al 9,99%, Fondazione Crt al 6%, Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli al 4,20%).
Dopo ispezioni da parte della Banca d’Italia, a inizio ottobre l’istituto di credito piemontese ha dovuto correggere l’utile netto semestrale, passando da 29,7 milioni a 8,5 milioni, e l’utile consolidato del periodo (da 25,4 a 4,2 milioni). Solo un “fatto tecnico” secondo Banca di Asti; così però non sarebbe per alcune fonti di stampa. Tanto è bastato per puntare i riflettori sulla cittadina piemontese e per richiamare l’attenzione dei sindacati.
COS’È SUCCESSO DOPO L’ISPEZIONE DI BANKITALIA
Secondo fonti finanziarie citate da Milano Finanza, durante l’ispezione della Banca d’Italia “sarebbero emerse perdite su crediti maggiori rispetto a quelle stimate” dalla banca “che ne ha dovuto tenere conto abbattendo l’utile”. Si sarebbe trattato di una verifica di routine e stando alle stesse fonti, la situazione non sarebbe “preoccupante né tale da determinare interventi duri nei confronti della società”.
No comment al giornale economico-finanziario da parte dell’istituto di credito che il 31 ottobre scorso ha però diramato una nota in cui precisa che – in riferimento alle notizie di stampa relative alle rettifiche effettuate sui dati preliminari al 30 giugno 2024 – “si tratta di un fatto tecnico che ha portato la Banca a contabilizzare nei risultati del primo semestre dell’anno, nel rispetto dei principi contabili e delle nostre policies e tenuto conto di valutazioni compiute nel contesto dell’attività ispettiva ordinaria della Vigilanza, rettifiche prudenziali del portafoglio crediti. Tali rettifiche non incidono minimamente né sulla solidità patrimoniale né sulla solvibilità finanziaria della banca, che anzi si sono ulteriormente rafforzate durante l’anno, né infine sulla capacità di competere sul mercato. Siamo confidenti che i dati del secondo semestre confermeranno adeguati livelli di redditività”.
LE RASSICURAZIONI DELLA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI ASTI E DELLA BANCA
Qualche giorno dopo, l’11 novembre, l’istituto presieduto da Giorgio Galvagno e guidato da Carlo Mario Demartini ha diffuso un altro comunicato stampa, firmato dal presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Livio Negro, e dal presidente della Banca di Asti, Galvagno.
“Nelle ultime settimane – si legge – l’andamento di Banca di Asti, le sue prospettive e il valore dell’azione sono stati al centro del dibattito locale con ampia eco sugli organi di stampa. In tale quadro la Fondazione e la Banca intendono confermare congiuntamente la visione univoca di entrambe circa il ruolo della Banca e il suo futuro quale banca di prossimità, territoriale, autonoma e indipendente, nell’interesse dei suoi soci e di tutti gli stakeholders con particolare riferimento ai clienti ed al personale”.
E ancora: “La Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, azionista di maggior rilievo della banca, ribadisce la piena fiducia nella Cassa di Risparmio di Asti, realtà solida e ben patrimonializzata, nonché nel suo Consiglio di Amministrazione e nel suo Management. La Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, confermando la volontà di mantenere il proprio ruolo di socio di riferimento della Banca, continuerà a collaborare con Fondazione CR Biella, Fondazione CR Torino e Fondazione CR Vercelli e non abdicherà al proprio ruolo di strenuo difensore delle prospettive di crescita dei territori di riferimento e delle loro comunità economiche e sociali, nel rispetto dei suoi fini istituzionali e dei propri equilibri patrimoniali e finanziari”.
Allo stesso tempo, sia la Fondazione sia la Banca “sono pronte a mettere in campo ogni iniziativa volta a preservare gli interessi dei clienti, degli azionisti e del personale del Gruppo, che costituiscono il patrimonio più rilevante da difendere e promuovere”.
LA POSIZIONE DEI SINDACATI
Sulla vicenda si deve registrare anche la posizione dei sindacati dei bancari. In una nota congiunta Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil, Unisin ricordano che “il nuovo corso della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti ha delineato un percorso di parziale dismissione delle proprie azioni Cassa di Risparmio di Asti per rispettare quanto prescritto dal protocollo Acri-Mef aggiornato nel marzo del 2015, secondo il quale le fondazioni bancarie non potrebbero investire oltre un terzo del proprio patrimonio in un singolo asset. Evidenziamo che si tratta di un accordo tra le parti (Acri, fondazioni, Mef) che prevede anche una clausola di salvaguardia del patrimonio delle fondazioni”.
Le organizzazioni sindacali evidenziano che “ora la Fondazione chiede di più: pretende una maggiore remunerazione. Questa aspettativa, se pur legittima, non può prescindere dalla consapevolezza che la Fondazione è soprattutto un soggetto che deve operare senza fini di lucro e che deve perseguire esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, con particolare riferimento al territorio di competenza.
Nel frattempo – proseguono – si moltiplicano le voci su possibili soggetti interessati all’acquisto di parte o di tutto il pacchetto delle azioni di Cassa di Risparmio di Asti detenute dalle fondazioni e piccoli azionisti”. Il punto però è che questa situazione “preoccupa il territorio ed i clienti, come possiamo constatare ogni giorno nelle filiali, oltre a danneggiare una realtà economica importante per il territorio come la Banca di Asti. Lo stillicidio di attacchi mediatici ha creato un clima di diffidenza anche nei confronti del personale che opera quotidianamente al servizio dei clienti”. Senza dimenticare poi che “Banca di Asti costituisce un esempio di azienda di credito che, rivolta alle imprese di piccole e medie dimensioni, al mondo dell’artigianato ed alle famiglie, riesce a crescere, ad assumere tantissimi giovani e ad avere ancora una presenza capillare sul territorio, rallentando la desertificazione bancaria, ormai scenario comune sul territorio nazionale. È una banca che fa utili, è solida e proprio per questo è appetibile dai gruppi di maggiori dimensioni”.
I CONTI DEI PRIMI NOVE MESI DEL 2024
Intanto sono arrivati i conti del periodo gennaio-settembre. Crescono il margine di interesse a 226,4 milioni rispetto ai 202,1 milioni di un anno prima, il totale dell’attivo a 13,1 miliardi da 12,7 miliardi, la massa a 17,2 miliardi (+670 milioni), grazie all’aumento della raccolta indiretta (+9,2%) a 8,3 miliardi. In linea, invece, la raccolta diretta a 10,8 miliardi e i crediti verso la clientela a 7,4 miliardi. L’utile consolidato arriva a 38,7 milioni e l’utile a 39,3 milioni.
Segno più anche per gli indicatori patrimoniali: CET 1 ratio consolidato al 15,6% (14,9% al 31 dicembre 2023), Tier 1 ratio al 17,3% (16,5% al 31 dicembre 2023) e Total Capital ratio al 17,7% (17,4% al 31 dicembre 2023).