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Uber lascia l’Italia ma le sentenze la inseguono: illegittimi 4mila licenziamenti

Per il tribunale del Lavoro che ha condannato Uber Eats il licenziamento di migliaia di rider va inquadrato con la norma sui licenziamenti collettivi  e i fattorini vanno intesi come lavoratori subordinati

Degli ottomila Rider che correvano con lo zaino griffato Uber, quattromila ci lavoravano stabilmente, licenziati dalla sera alla mattina quando l’ex startup ha deciso di lasciare l’Italia. Non è possibile, però, per una società con migliaia di posti di lavoro fare fagotto e risolvere i rapporti all’improvviso, senza l’avvio “della procedura di consultazione per la cessazione delle attività del food delivery nel territorio nazionale”. Per questo tutti i licenziamenti di Uber sono ora da considerarsi “illegittimi” e andranno “revocati”.

ILLEGITTIMI I LICENZIAMENTI VIA MAIL DI UBER

A stabilirlo la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano. Nel provvedimento depositato il giudice denuncia “la natura antisindacale della condotta di Uber Eats Italy srl consistente nella omissione della procedura di consultazione per la cessazione delle attività del food delivery nel territorio nazionale risolvendo tutti i rapporti di lavoro”.

Al Tribunale del lavoro, insomma, non è piaciuta la mossa di Uber di procedere con licenziamenti di massa, che hanno riguardato migliaia di rider, tramite una mail. L’azienda è stata anche condannata a pubblicizzare a proprie spese l’esistenza del provvedimento ai 4mila rider pubblicandolo sul proprio sito aziendale, sui propri social e sui principali quotidiani nazionali.

La condotta della società, si legge sempre nel decreto, “si presenta, quindi, antisindacale per avere omesso completamente le informazioni sindacali previste dalla legge”. Il Tribunale ha così ordinato a Uber Eats “di revocare tutti i recessi dai contratti di lavoro di coloro che svolgono la prestazione di rider” con “account attivo alla data del 14 giugno 2023”. E di “avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti” le “procedure e il confronto previsto in caso di cessazione di attività”, scrive il giudice, che ha inquadrato la fattispecie con quella dei licenziamenti collettivi.

I RIDER SONO LAVORATORI SUBORDINATI

Trattandosi di “lavoratori subordinati”, scrive il giudice dopo aver così qualificato l’attività lavorativa dei rider anche sulla base di recente giurisprudenza, la società “aveva l’obbligo, prima di procedere alla comunicazione dei recessi, di attivare con le organizzazioni sindacali ricorrenti le procedure di consultazione previste”. La “sussistenza di tali obblighi di informazione” non viene meno “se si opta per una qualificazione dei riders come collaboratori etero-organizzati”.

ESULTANO I SINDACATI

“E’ uno straordinario risultato” commentano le sigle sindacali ribadendo che, sulla base del provvedimento, Uber non solo vede annullati i licenziamenti ma “dovrà richiamare in servizio tutti i rider e avviare un reale confronto con le organizzazioni sindacali”.

Per la prima volta, sottolineano i sindacati, “è significativo che trovi applicazione in Italia la disciplina delle localizzazioni delle multinazionali, che le responsabilizza nei processi di ristrutturazione”. E si dimostra, concludono, “ancora una volta, che ai rider devono essere applicati tutti i diritti dei lavoratori subordinati”.

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