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Luciano Tommaso Ponzi Federpol

Guerra tra spioni legali e spioni illegali

Sbuffi e richieste di Federpol, una delle principali associazioni nel settore degli investigatori privati

La banda dei dossier agita Federpol, la Federazione Italiana degli Istituti privati per le investigazioni, per le informazioni e per la sicurezza.

COS’È FEDERPOL

Si tratta dell’unica associazione di categoria con un componente presente nella Commissione Consultiva Centrale del Ministero dell’Interno. Federpol è presieduta da Luciano Tommaso Ponzi (nella foto) e con Luigi Spinelli nel ruolo di segretario generale. L’organigramma prevede tre vice-presidenti suddivisi nelle altrettante aree geografiche del Paese (Nord, Centro e Sud). Dal loro sito si apprende che gli associati sono circa 1.300.

COSA DICE FEDERPOL SU EQUALIZE

“Negli ultimi mesi si sono verificati gravi episodi di violazione dei sistemi informatici, perpetrati da personale infedele di banche e istituti finanziari. Questi individui, con accesso illimitato e non tracciato alle informazioni sensibili, hanno violato i confini della legalità, talvolta agendo in collaborazione con società di consulenza e finanche di investigazione”, ha sbottato Luciano Tommaso Ponzi, numero 1 di Federpol . “Alcune di queste società – ha sottolineato – si avvalgono di ex membri delle forze dell’ordine, che, una volta in quiescenza, continuano a mantenere legami e canali aperti con i loro ex colleghi, creando una rete di accesso che minaccia la riservatezza e la sicurezza dei dati”.

IL VERO SCOPO DELLA LAGNANZA

Fin qui nulla che non si sapesse già leggendo i giornali. Quindi Ponzi arriva al punto della propria lagnanza: “Questo fenomeno, tristemente diffuso in tutta la società, come si evince dalle varie inchieste, raramente in quello investigativo privato, vede ex appartenenti alle forze dell’ordine impiegati come security manager presso multinazionali o società di capitali oppure alle dipendenze di politici e industriali. Il problema, tuttavia, non è solo relativo all’assunzione di tali figure, ma soprattutto al mantenimento di relazioni privilegiate e alla capacità di accedere a informazioni riservate anche dopo il termine ufficiale dei loro incarichi. Una prassi consolidata e tutt’altro che eccezionale che sta arrecando un danno incalcolabile all’intera categoria degli investigatori privati autorizzati”.

FEDERPOL CHIEDE L’ACCESSO ALLE BANCHE DATI PUBBLICHE

Per Federpol, gli investigatori privati, pur essendo titolari di una licenza ottenuta “grazie a rigorosi requisiti oggettivi e soggettivi, devono rispettare severi limiti nell’esercizio della propria professione, senza poter accedere a banche dati pubbliche essenziali come l’Anagrafe Nazionale delle Persone Residenti (ANPR) e l’ACI. Paradossalmente, queste informazioni risultano invece disponibili ad altre categorie professionali, come gli avvocati, che spesso si avvalgono dei servizi di investigatori privati per necessità legali, mentre questi ultimi si trovano a lottare per l’accesso a tali canali informativi minimi”.

Proprio nel momento in cui lo Stato scopre i suoi data base insicuri e maneggiati un po’ da tutti, viene avanzata da questa associazione di categoria privata la richiesta di accesso. “Le recenti notizie su accessi abusivi ai sistemi informatici del Paese – spiegano però da Federpol -rappresentano un danno gravissimo per la categoria degli investigatori privati, che da anni chiede di poter svolgere il proprio lavoro con strumenti conformi alla legge sulla privacy e ai regolamenti vigenti. Questa professione, ingiustamente stereotipata e ridotta al ruolo di “spioni”, si pone al contrario come garante della riservatezza e della legalità. L’accesso tracciato e verificato a banche dati consentirebbe agli investigatori privati di svolgere indagini conformi ai diritti legali del committente, garantendo al contempo la sicurezza dei dati e la trasparenza delle operazioni”.

Per Federpol, insomma, i dati custoditi dallo Stato attraverso vari enti non sono già abbastanza alla mercé di tutti. “Le inchieste in corso mettono in luce la necessità urgente di migliorare il controllo e la tracciabilità degli accessi, stabilendo un quadro normativo chiaro che possa regolamentare la categoria degli investigatori privati. Consentire loro di svolgere il proprio lavoro con strumenti adeguati significa ridurre le aree di rischio e promuovere un’operatività allineata con le normative in tema di privacy e sicurezza”.

LE PROMESSE DELL’ASSOCIAZIONE

“La nostra categoria – viene evidenziato a titolo di promessa – a differenza di altre, non diffonde le informazioni reperite, bensì le consegna al committente autorizzato e legittimato a riceverle, nel pieno rispetto dei diritti della persona e delle norme vigenti. È quindi fondamentale che la nostra professionalità non venga ridotta a un’etichetta denigratoria: gli investigatori privati svolgono un ruolo essenziale nella tutela della giustizia, in linea con il diritto del committente a esercitare i propri diritti in sede giudiziaria”.

“Gli associati – del resto – devono infatti rispettare uno stringente codice etico-deontologico, impegnandosi a mantenere un livello morale e professionale alto e a dimostrarsi rispettosi delle normative nazionali e internazionali. Prendiamo le distanze da tutti coloro che scelgono di non attenersi a tali principi, ricordando che l’appartenenza all’associazione è subordinata a requisiti di onestà e integrità”.

LE BORDATE A CTP, CTU E PERITI

Infine da Federpol si coglie l’occasione per alcune bordate ai danni di eventuali concorrenza: “Si esprime preoccupazione per l’aumento di attività investigative svolte impropriamente da “professionisti” che, pur non avendo alcuna licenza specifica, operano con accesso a informazioni estremamente sensibili. Tra queste, consulenti tecnici di parte (CTP) e consulenti tecnici d’ufficio (CTU) designati dai tribunali, nonché periti in collaborazione con le procure, spesso utilizzano il termine “investigazioni” per descrivere il proprio lavoro senza detenere alcuna autorizzazione per operare investigazioni private. Il fenomeno si estende anche a società di consulenza finanziaria e di intelligence economica che realizzano attività di dossieraggio e raccolta dati, senza rispettare le stringenti normative che invece regolano l’accesso alle informazioni per gli investigatori privati autorizzati. A differenza degli investigatori privati iscritti a Federpol, che sono tenuti al rispetto di un rigido codice etico e sottoposti a controlli e requisiti per la concessione e il mantenimento della licenza, questi consulenti operano senza alcuna verifica dell’operato o controllo sull’uso delle informazioni riservate cui hanno accesso. La libertà di accesso ai dati per questi professionisti – l’allarme dell’associazione – può rappresentare una minaccia alla riservatezza e al rispetto delle norme di privacy, compromettendo anche l’affidabilità delle informazioni che vengono impiegate in contesti giudiziari o finanziari”.

AGGIUNGI UN POSTO AL TAVOLO MINISTERIALE

Insomma, Federpol ha intuito che potrebbe esserci una riforma generale nell’aria e sembra reclamare un posto a un venturo tavolo ministeriale facendo sapere di ritenere “opportuno e urgente aprire una riflessione pubblica e regolatoria su questi professionisti e società, che spesso sfruttano lacune normative per compiere attività di “dossieraggio” o “investigazione” non autorizzata”.
L’associazione “sollecita il legislatore e le istituzioni a intervenire per garantire che solo professionisti adeguatamente formati e autorizzati possano svolgere attività investigative o di raccolta informazioni sensibili, in modo che tali operazioni rispettino rigorosi standard di sicurezza e riservatezza. Federpol ribadisce la necessità di un inquadramento normativo chiaro e stringente che prevenga l’abuso di termini come “investigazione” da parte di coloro che non hanno licenza e non sono soggetti ai controlli a cui, invece, gli investigatori privati autorizzati sono sottoposti”.

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