L’ipotesi di base è che almeno l’80% della popolazione sarà contagiato. Poiché l’epidemia è inarrestabile e le risorse sanitarie sono limitate, il governo inglese vuole “guidare” il contagio nella “giusta direzione”.
Mission accomplished?
Forse.
MA:
a. Come proteggere i vulnerabili nel frattempo? Senza restrizioni, eviteranno di incontrare gli infetti?
b. Se gli infetti non sanno di essere infetti ma possono comunque trasmettere il virus – come è successo finora alla maggioranza dei contagiati – come proteggere i vulnerabili?
c. Tra le altre cose, il piano UK prevede il rilassamento dell’assistenza sociale per liberare risorse utili al sistema sanitario. Questo non renderà i vulnerabili ancora più vulnerabili?
d. Siamo sicuri che le persone under 60 e in buona salute non possano contrarre forme gravi della malattia? NO. Ok, se capisco, il ragionamento di Bojo è: nessuna battaglia è priva di sacrifici (umani).
e. E i bambini? Abbiamo evidenza sufficiente a escludere complicazioni per loro? In ogni caso, siamo sicuri che sia facile tenere i bambini lontani dai genitori più avanti con l’età e dai nonni?
f. Senza restrizioni, quanto ci metterà il sistema sanitario britannico a raggiungere la saturazione? L’equilibrio ricoverati = dimessi è davvero raggiungibile? Nel caso, quanto a lungo sarà sostenibile?
g. Siamo certi che chi ha contratto la malattia diventi immune e/o che non corra il rischio di ricadute?
Purtroppo ancora non lo sappiamo, come ha spiegato Roberto Burioni qui
h. L’obiettivo del Regno Unito è raggiungere l’immunità di gregge senza fermare l’economia. È chiaro che il lockdown non è sostenibile a lungo, a meno di non essere la Cina, forse.
È una strategia razionale ancorché rischiosissima, che però richiede consenso da parte della popolazione. Che si può raggiungere con una comunicazione continua, dettagliata e trasparente.
i. Se la popolazione rifiuta di lavorare perché non vuole esporsi al rischio che si fa? Si reprime la protesta? Si cambia strategia? C’è un piano B?
l. Ecco, il piano B. Qual è? Per esempio, il governo britannico sta preparando un sistema di tracciamento per isolare i malati senza ricorrere all’esercito, come in Corea del Sud?
Sapremo presto se la strategia britannica è geniale o semplicemente sbagliata. Intanto, in bocca al lupo agli amici inglesi e un pensiero particolare ai tanti colleghi emigrati nelle università UK. Stiamoci vicini in questo momento buio.
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Leggo colleghi (anche economisti, specie oltremanica), sostenere che la strategia del Regno Unito sia razionale e forse l’unica possibile. Contare i morti in estate ma almeno levarsi il pensiero e non fermare l’economia.
Senza nessun intento di biasimo (so che ogni commento è animato dall’intento costruttivo di cercare soluzioni lungimiranti), il ragionamento mi sembra fallace.
Ancora non sappiamo se guarire dalla malattia ci renda davvero immuni, e nel caso per quanto tempo (qualche mese? Un anno? Sempre?). Non sappiamo se l’epidemia sia stagionale e se sia destinata a tornare ogni inverno in una forma diversa, come l’influenza.
Senza un’immunizzazione permanente dei guariti, l’immunità di gregge sarebbe solo un’illusione molto costosa, nel senso che costerebbe centinaia di migliaia di morti, l’inondazione dei sistemi sanitari e una sofferenza difficile da immaginare adesso.
Fatte tali premesse: ieri a Bergamo è morto un operatore del 118, aveva 47 anni e due figli. Non è certo il primo giovane sanitario che muore dall’inizio di questo incubo. Voi ci state a lasciarvi infettare nella speranza di contribuire a una ipotetica (e per nulla garantita) immunità di gregge? Siete disposti a correre i rischi connessi? Il rischio, per esempio, di lasciare eventualmente orfani i vostri figli, che se la cavino pure da soli perché è razionale così? E naturalmente infettarli, i vostri figli, tanto pare che i piccoli se la cavino con poco e quindi è razionale non preoccuparsi troppo per loro.
No, certo. Perché a livello individuale non sarebbe razionale. Sono troppe le cose che per il momento non sappiamo.
Forse esistono strategie alternative e i mezzi per attuarle. In questa fase il lockdown è necessario, per quanto difficile da sostenere sia, soprattutto in termini di continuità delle catene produttive (a proposito: grazie, grazie, grazie a tutti quelli che continuano a lavorare, specie nei servizi essenziali, consentendo agli altri di tenere duro).
Speriamo che con il lockdown l’epidemia rallenti, e approfittiamo del tempo guadagnato per mettere in piedi un sistema di tracciamento dei soggetti a rischio, organizzare meccanismi di assistenza e isolamento immediati al primo segnale di allarme. Alcuni paesi ci sono riusciti, e anche in Italia sono pronti già dei progetti di questo tipo, c’è bisogno della volontà politica di realizzarli (nonostante le legittime e comprensibili resistenze sul fronte della tutela della privacy).
Potenziamo le parti più deboli del sistema sanitario, proteggiamo le categorie e le regioni più vulnerabili, e creiamo alternative ai meccanismi informali di mutua assistenza su cui si reggono le famiglie italiane. Coordiniamoci con gli altri paesi, ché nessuno Stato può sperare di sconfiggere la pandemia in modo permanente da solo. E speriamo che il tempo guadagnato sia utile alla scienza per trovare nuove soluzioni.
Ecco, la scienza: quando questo incubo sarà finito, approfittiamone anche per eradicare da ogni dibattito pubblico ciarlatani, venditori di cure miracolose e quei politici, pochi ma rumorosi, che hanno costruito carriere spargendo veleno sulla ricerca scientifica.
(estratti di post del prof. Fabio Sabatini tratti dal suo profilo Facebook)