300 milioni l’anno solo per la prima fase delle riassegnazioni, 9 miliardi nell’arco di 30 anni.
Sono le entrate in più per regioni e province stimate dalla Ragioneria generale dello Stato nella relazione tecnica sulla norma inserita nel decreto Semplificazioni che riguarda le concessioni idroelettriche.
Come nasce la norma? “Mentre sulle trivelle i pentastellati porteranno a casa un mezzo successo dal forte carattere ideologico, con le grandi concessioni idroelettriche che torneranno alle Regioni, la Lega e suoi amministratori locali andranno direttamente all’incasso”, ha scritto oggi Stefano Agnoli del Corriere della Sera, svelando anche le stime della Ragioneria generale sulla disposizione che riguarda le concessioni idroelettriche.
All’incirca la metà delle dighe italiane si trova in Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino Alto Adige: “Le prime tre Regioni (con il Trentino) sono a guida leghista. Poi segue il Piemonte e molto distanziate quanto a numero di impianti Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria. Nei fatti, con il decreto semplificazioni trasformato in legge, gli impianti torneranno «senza compenso» alle Regioni. Alle società concessionarie sarà riconosciuto un indennizzo”, ha scritto Agnoli.
Quanto sarà l’indennizzo? La risposta è contenuta nella relazione della Ragioneria: “Si ritiene che l’importo complessivo possa essere inferiore al 5% del valore complessivo dei beni oggetto di riassegnazione e pertanto tali indennizzi potranno essere agevolmente posti a carico dei concessionari subentranti e quindi riassorbiti nell’ambito dell’offerta che vena presentata dai proponenti per l’assegnazione della concessione”.
La norma riguarda tutte le maggiori società energetiche italiane come Enel, Edison, A2A, Cva (val d’Aosta), Erg Renewables, Iren, Acea: “Le concessioni Enel ed ex Enel (come Erg e Cva) scadranno nel 2029, ma le altre si esauriscono prima e parecchie sono già scadute”, ricorda Agnoli.
Ma quali saranno i possibili, potenziali impatti per le aziende coinvolte? Un report di Equita ha fatto il punto sulle quattro società coinvolte tra le utilities quotate a Piazza Affari.
ECCO L’IMPATTO PER ENEL
Enel ha una bassa esposizione, secondo gli analisti. Equita ricorda che la scadenza delle concessioni è al 2029 ed Enel paga già circa il 25-30% delle vendite dell’Idro in canoni. “Riteniamo quindi che gli impatti al momento siano bassi. Assumiamo già la messa a gara degli asset a fine concessione”.
TUTTI GLI EFFETTI PER ERG
Per Erg medio/bassa esposizione. “La scadenza concessioni è al 2029. Erg paga il 15-20% delle vendite in canoni. Il titolo rimane esposto ad un eventuale introduzione di altre tassazioni a livello regionale (un canone del 5% delle vendite aggiuntivo impatterebbe per l’1% dell’ebitda)”, sostiene Equita.
CHE COSA SUCCEDERA’ A IREN
Iren ha una media esposizione. Il 50% delle concessioni (30 milioni di euro di ebitda) è già scaduto.” Assumiamo già nel modello una componente negativa (-3% della valutazione) per la possibilità di perdere le concessioni in gara (50% probabilità di rinnovo). Iren paga il 15% delle vendite in canoni. Il titolo rimane esposto a un eventuale introduzione di altre tassazioni a livello regionale (un canone del 5% delle vendite aggiuntivo impatterebbe per l’1% dell’ebitda)”, si legge nel report della sim sintetizzato da Mf/Milano Finanza.
ECCO L’IMPATTO PER A2A
Per A2a un’alta esposizione. Equita ricorda che per A2a 700MW sono scaduti (67 milioni di ebitda). “Includiamo tuttavia già un incremento dei canoni di 20 milioni al 2020 e 10 milioni nel 2021 e una provision di 250 milioni sulla valutazione. Riteniamo che in questa fase il rischio sia tutto sommato contenuto”, dice Equita.
ECCO DI SEGUITO ALCUNI STRALCI DELLA RELAZIONE TECNICA SCRITTA DALLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La riassegnazione delle concessioni relative alle grandi derivazioni idroelettriche scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2023. Si tratta nel complesso di un primo contingente significativo di riassegnazioni, che troverà poi il suo completamento con le concessioni delle grandi derivazioni ex ENEL che rappresentano circa il 60% del totale, la cui scadenza e stata stabilita dal Decreto Bersani (digs 79/1999) al 31/03/2029.
Di fatto le previsioni di indennizzo a favore del concessionario uscente di cui al comma 1, con riferimento alla parte di interventi sulle opere cosiddette “bagnate” realizzati nel torso della concessione e non ancora ammortizzati, e il valore residuo da riconoscere per le opere cosiddette “asciutte” funzionali alla nuova concessione, da determinarsi con le modalità di cui al comma 1 ter lettera k), rappresentano un valore minimo rispetto al valore complessivo dei beni oggetto della concessione, dato atto che, in ragione del protrarsi dell’assenza di una disciplina di dettaglio dall’approvazione nel 1999 del Decreto Bersani, i concessionari hanno limitato gli investimenti perlopiù alla manutenzione ordinaria.
Si ritiene che l’importo complessivo possa essere inferiore al 5% del valore complessivo dei beni oggetto di riassegnazione e pertanto tali indennizzi potranno essere agevolmente posti a carico dei concessionari subentranti e quindi riassorbiti nell’ambito dell’offerta che vena presentata dai proponenti per l’assegnazione della concessione, a differenza di quanta avveniva precedentemente, con le modifiche introdotte dall’art. 37 del decreto Monti (D.L. 83/2012) che avevano costruito un indubbio “favor” in favore del concessionario uscente allo scopo di precludere o quanto meno ostacolare l’ingresso di nuovi operatori. Si ricorda che proprio sull’art. 37 e stata avviata una procedura di infrazione da parte della Commissione EU (procedura 2011/2026 messa in mora complementare del 26/09/2013)
Le disposizioni modificative del quadro legislativo introdotte dal presente articolo genereranno entrate significative per il sistema pubblico, che si tradurranno in miglioramenti ambientali, in disponibilità di risorse ulteriori per investimenti, in particolare per i territori montani, in incrementi delle entrate da canoni, destinandone una quota significativa alle province interessate dalle derivazioni.
Una stima di massima rispetto al totale delle concessioni scadute e da riassegnare entro il 2023 porta a stimare in:
-Un ciclo miliardario d’investimenti privati (fino a 5 miliardi) nei prossimi dieci anni che, secondo uno studio dell’ANCE (2014), potrebbe generare fino a 45.000 posti di lavoro e un terzo di punto di PIL. I cantieri genererebbero a loro volta oltre un miliardo di Euro di entrate fiscali in un triennio;
-circa 300 milioni di Euro all’anno tra incremento dei canoni, canoni aggiuntivi per le derivazioni scadute per effetto della corresponsione alla PA da parte del concessionario uscente di un canone aggiuntivo quale corrispettivo del godimento sine titulo dei Beni fino alla conclusione delle procedure di riassegnazione e compensazioni ambientali e territoriali, destinati ai territori interessati dalle opere e veicolati in particolare attraverso le province, pari a 9 miliardi di Euro per le Finanze Pubbliche nell’arco di durata delle nuove concessioni (considerata una durata media di concessione di 30 anni);
-circa 60 milioni di Euro equivalenti/anno di energia gratuita da destinare per servizi pubblici e categorie di utenti dei territori interessati dalle concessioni;
-Due miliardi di chilowattora annui da fonte rinnovabile, grazie ai criteri comuni finalizzati a stimolare progetti innovativi in grado di incrementare la produzione, senza incentivi o oneri per lo Stato, con corrispondente riduzione delle importazioni di petrolio e gas.
Pertanto, la disposizione e suscettibile di comportare maggiori entrate per gli enti titolari delle Concessioni, da verificare a consuntivo.