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Le ipocrite beatificazioni di Papa Francesco

Papa Francesco santo probabilmente lo diventerà, ma ancora non lo è. Ciononostante, per lo più così è stato celebrato dai media nazionali. La lettera di Michele Magno

Caro direttore,

come è noto, l’agiografia è un genere letterario che narra le vite dei santi con intenti encomiastici. Nasce nei primi secoli dell’era cristiana e si protrae fino ai nostri giorni. Papa Francesco santo probabilmente lo diventerà, ma ancora non lo è. Ciononostante, per lo più così è stato celebrato dai media nazionali. Più pudicamente, un ex leader della sinistra italiana si è limitato a definirlo un “leader della sinistra mondiale”. Infatti, ha interpretato magistralmente alcuni dei suoi valori costitutivi che “si trovano anche nel Vangelo: giustizia sociale, lotta alla povertà, lotta per la pace” (Massimo D’Alema, intervista al Corriere della Sera di ieri).

Non solo. Meglio e più dei leader occidentali, ha capito che “noi non siamo più il centro del mondo”. A questo grande cambiamento, in atto già negli ultimi dieci anni, una parte del mondo occidentale ha invece reagito con chiusure egoistiche e con la rozzezza della violenza, in un’operazione che è allo stesso tempo brutale e velleitaria: brutale perché la guerra è brutale; velleitaria perché comunque le ragioni profonde di questo cambiamento non si fermano con le armi, con i muri, con i dazi”. Qui non ho capito se D’Alema, che di armi se ne intende, si riferisce all’unico paese che in questi anni le ha usate con “brutale violenza”, ovvero la Russia di Putin.

Già, dimenticavo: per D’Alema la Nato ha abbaiato alla porta della Russia, come ha ricordato Papa Francesco. E “questo è un dato incontrovertibile”. Come no? Per averne conferma, basta chiedere ai baltici, polacchi, finlandesi e svedesi. Certo, c’è poi “la barbarie che sta subendo la popolazione civile di Gaza: anche qui, Bergoglio non ha avuto paura di pronunciare nessuna delle parole che andavano pronunciate, e con nettezza”. Un coraggio almeno pari alla sua fermissima condanna del pogrom del 7 ottobre e al suo costante, perfino ossessivo richiamo al diritto di Israele di vivere non assediato da organizzazioni terroristiche manovrate da una spietata teocrazia.

Caro direttore, la sinistra aveva insomma finalmente il “Papa straniero”, a lungo cercato soprattutto in Italia, e non se ne è accorta. Certo, dal pontefice di una religione rivelata non si può pretendere che consideri la libertà il valore forse più sommo di una sinistra degna di questo nome, che viene addirittura prima della giustizia sociale e della pace, perché senza libertà non si può lottare contro l’ingiustizia sociale e perché la pace non può essere, come diceva Kant, il “cimitero della libertà”. E a Bergoglio si può perfino perdonare di aver ignorato il Catechismo della Chiesa Cattolica, voluto nel 1992 da Giovanni Paolo II, laddove recita: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n.2265).

Ma, si sa, non si può avere tutto dalla vita, e nemmeno da Massimo D’Alema. Papa Francesco è stato un nobile pastore del gregge cattolico, umanissimo nel suo “chi sono io per giudicare?”, e il suo pontificato non è stato privo né di luci né di ombre. Non ha bisogno di beatificazioni post mortem.

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