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La Liberazione e le resistenze

Quando ci libereremo delle polemiche e degli ideologismi su Liberazione e resistenza? Il corsivo di Battista Falconi

 

L’ormai imminente 25 aprile segna l’ottantennale della Liberazione, che ovviamente tutti gli italiani odierni e sensati devono festeggiare. L’Italia è stata liberata dall’orrore di una guerra mondiale che a differenza della precedente, inaugurando una brutta novità che i successivi conflitti avrebbero perpetrato, ha colpito come nemici non soltanto i soldati vestiti con un’uniforme diversa ma anche i civili delle nazioni belligeranti. Inoltre, anche questa constatazione non ammette possibili eccezioni, siamo stati liberati da una terribile occupazione straniera da parte della Germania nazista, una dittatura figlia di un delirio osceno. Infine, di nuovo non si ammette alcuna sensata contestazione, l’Italia fu liberata dal fascismo, un regime totalitario, aprendosi alla democrazia.

Se ce ne fosse bisogno, in questi giorni in rete un video del super-divulgatore storico ufficiale, Alessandro Barbero, conferma a colpi di mossette e strizzatine d’occhio che il fascismo durante il ventennio ottenne un consenso diffuso e stabile, anche se altalenante. Una verità tanto banale da essere ormai un luogo comune. Il consenso fu ottenuto e mantenuto non solo con l’intimidazione conseguente alla violenza del suo insediamento e alla durezza dei controlli diretti e sociali, peraltro contestualizzati in un’epoca in cui apparivano molto meno arbitrari, ma grazie a decisioni politiche, sociali ed economiche azzeccate e fortunate, agevolate dal decisionismo del Duce, e tramite una formidabile macchina di propaganda, con un politica di comunicazione davvero abile, ancorché facilitata dalla maggiore semplicità dei media disponibili.

Detto della sacrosanta Liberazione, altrettanto corale e scontata è la commemorazione per le resistenze, a patto di usare il plurale. Suggeriamo come lettura divulgativa e informativa, tra le molte ma non moltissime disponibili, gli articoli che lo storico Marco Patricelli sta pubblicando su Libero al riguardo (ma anche saggi come “La resistenza cancellata” di Ugo Finetti). In estrema sintesi, la guerra in Italia finì come finì, fortunatamente, per un concerto di cause tra cui la principale e determinante fu l’intervento degli statunitensi con i cosiddetti “alleati”, al quale si unì in modi e tempi diversi il supporto degli Internati militari italiani, dell’Esercito del Sud, di tanti nostri civili e soldati che spesso sacrificarono la vita.

In questo contesto si inseriscono i partigiani combattenti, che in opposizione al regime scelsero di lasciare le loro vite borghesi e prendere le armi. Furono una ristretta minoranza, il che rende il loro coraggio ancor più significativo; incisero in modo variabile nelle sorti belliche, questo però non rileva; ma non tutti perseguirono il bene della nostra nazione. L’ala comunista perseguiva anzi l’obiettivo di sostituire il fascismo con un’altra dittatura, non meno cruenta, e a tale scopo non si fece scrupolo di compiere azioni miserevoli, come le foibe e le faide. I nomi di Basovizza e Porzus bastano, si spera, per ricordarle alla memoria comune, sotto la quale giacciono purtroppo moltissimi altri casi di violenze efferate. Ma la guerra, si può dire, non è un pranzo di gala e anche gli eserciti liberatori ufficiali si macchiarono di nefandezze, la Ciociara qui basti come citazione.

Questa sintesi elementare, se plausibile, a che memoria condivisa potrebbe condurci nei prossimi giorni? Il Quirinale comunica l’omaggio all’Altare della Patria e un’iniziativa a Genova, il presidente Meloni parteciperà al primo, dopo il quale sarebbe dovuta partire per una missione in Asia centrale. La scarsità delle polemiche conseguenti all’estensione del lutto per la morte di Bergoglio fino al 25 aprile e alla raccomandazione (evitabile) alla sobrietà del ministro Musumeci, finora almeno, fa sperare che non si rovini questo anniversario tondo con polemiche partitiche di bassissimo livello (che Gramellini rampogni Fratoianni per averle cavalcate è un indizio significativo). Basso profilo va bene, cagnara proprio no.

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