I dazi annunciati da Donald Trump del 25% sulle importazioni di auto – e delle loro componenti – stanno già avendo effetti controproducenti per gli Stati Uniti. Le tariffe sui veicoli sono entrate in vigore il 3 aprile, mentre a inizio maggio sarà il turno dei pezzi di ricambio. Non è un caso che il presidente Usa abbia ipotizzato un ulteriore dietrofront, come già successo per i cosiddetti dazi “reciproci”. Trump ha infatti sottolineato come le case automobilistiche abbiano “bisogno di un po’ di tempo” per spostare le produzioni dal Canada o dal Messico. Un’apertura che è stata accolta positivamente dai titoli delle aziende auto in Borsa.
IL TAGLIO DELLA PRODUZIONE DI MACCHINE NEGLI USA
Ci ha pensato l’agenzia di rating S&P, nella divisione Global Mobility, a stimare i danni sul mercato automobilistico americano dei dazi di Trump. S&P, infatti, ha tagliato di 700mila unità le previsioni di vendita di auto e camion leggeri nel 2025. “Solo le modifiche in reazione alla pausa produttiva globale durante il Covid nel 2020 e alla crisi finanziaria globale del 2008-2009 sono state più significative”, ha sottolineato in una nota. E i tagli non si fermano solo all’anno in corso. Nel 2026 potrebbero essere 1,2 milioni le macchine vendute in meno, e nel 2027 il calo sarà di 930mila unità.
Come riportato da Quartz, anche Wedbush – società americana di servizi finanziari – ritiene che le tariffe potranno portare a una riduzione del 15-20% della domanda di nuovi acquisti di auto negli Usa. Smontando poi l’idea che gli Usa possano produrre tutti le componenti dei propri veicoli in patria. “Ribadiamo che il concetto di un’auto prodotta negli Stati Uniti con tutti i componenti statunitensi è una favola fantasiosa”, hanno scritto in una nota gli analisti di Wedbush. Aggiungendo il punto critico: “I dazi sulle auto (nella loro forma attuale) manderanno l’industria automobilistica in tilt e faranno aumentare il prezzo medio delle auto di circa 5mila dollari nella fascia bassa e di 10mila-15mila in quella alta”.
L’ALLARME DI ELKANN SULL’INDUSTRIA DELLE AUTO
John Elkann è tra i più allarmati. La sua Stellantis, d’altronde, ha già dovuto fare i conti con alcune conseguenze, andando a fermare le produzioni di alcune fabbriche sia in Canada e Messico che negli Usa, licenziando temporaneamente centinaia di lavoratori. E, come per altre aziende, al momento sembra difficile un veloce riposizionamento negli Usa. Durante l’assemblea generale annuale del gruppo, Elkann ha avvertito che “l’industria automobilistica americana ed europea è a rischio”, sia per i dazi sia per le stringenti regole dell’Unione europea sulle emissioni. “Ma non è troppo tardi se gli Stati Uniti e l’Europa adottano le misure urgenti necessarie per promuovere una transizione ordinata”, ha aggiunto.
IL CASO TESLA
E poi c’è la questione Tesla. Era stato lo stesso Elon Musk, all’annuncio dei dazi sulle auto, ad affrettarsi a dire che anche la sua società sarebbe stata colpita. Nonostante il suo ruolo nell’amministrazione Trump e nonostante la produzione dei veicoli Tesla sia localizzata negli Usa. Il problema però sono sempre le componenti, che in parte vengono importati dalla Cina. La spirale di aumento delle tariffe tra Washington e Pechino sembra possa danneggiare anche Musk. Secondo un’esclusiva di Reuters, infatti, l’incremento dei dazi fino al 145% da parte americana e del 125% da parte cinese ha portato alla sospensione delle spedizioni dalla Cina delle componenti necessarie per la produzione dei modelli Cybercap e Semi. Al punto che l’avvio di produzione di massa di questi veicoli, prevista per il 2026 tra il Texas e il Nevada, sarebbe compromessa.
I VANTAGGI PER LA CINA
Non è un momento semplice per Tesla. Oltre alle beghe dei boicottaggi alle proprie auto, si è vista superare dal colosso cinese Byd come leader delle auto elettriche nel 2024. Tesla ha infatti registrato 97,7 miliardi di fatturato, mentre Byd 107 miliardi, con utili netti record. Per la Cina, nonostante la guerra commerciale, è un periodo favorevole. Ha chiuso il 2024 raggiungendo un surplus commerciale con l’Ue per quanto riguarda il settore automobilistico, sia aumentando l’export che diminuendo l’import. E secondo diversi analisti, i dazi potrebbero generalmente avvantaggiare i marchi cinesi che si trovano a competere con quelli europei, giapponesi e sudcoreani in difficoltà per le tariffe americane. Le prospettive, quindi, per Washington sono fragili. Ma Trump continua la sua scommessa.