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Lvmh fa affondare anche il lusso italiano in Borsa

Le azioni del colosso francese del lusso Lvmh sono scese del 7% a causa di vendite inferiori rispetto alle attese. Hermès lo supera nella capitalizzazione di mercato, mentre Moncler, Brunello Cucinelli e Salvatore Ferragamo scivolano giù. Fatti, numeri e commenti

 

I consumatori cinesi che non trainano più e la minaccia dei dazi pesano sulla ripresa del lusso, che non riesce a riemergere dalla crisi. Persino un gigante come Lvmh deve farci i conti e si scontra con numeri che lo penalizzano in Borsa.

Le vendite inferiori alle attese infatti oggi hanno fatto scendere del 7% le sue azioni, portando la sua capitalizzazione di mercato a 246 miliardi di euro, contro i 247 miliardi di euro di Hermès – il che le fa perdere la sua posizione di maggiore azienda del lusso in Europa.

Intanto, in Italia, il Sole 24 Ore riferisce che “a Piazza Affari in coda al FTSE MIB +1,50% in netto rialzo, finiscono Moncler -1,42% e Brunello Cucinelli -1,00%, che hanno recuperato qualche punto dopo l’apertura in calo di quasi il 3%. In calo di oltre due punti anche Salvatore Ferragamo -3,79%”.

VENDITE DELUDENTI PER LVMH

Lvmh, i cui marchi di fascia alta includono Louis Vuitton e Dior, il marchio di gioielli Tiffany & Co. e Sephora, ha disatteso le aspettative per le vendite del primo trimestre, in quanto gli acquirenti statunitensi hanno limitato gli acquisti di prodotti di bellezza e cognac, mentre le vendite in Cina sono rimaste deboli.

Il conglomerato infatti ha chiuso il primo trimestre con ricavi in flessione del 2% a 20,3 miliardi di euro, mentre le attese di consensus si aspettavano un rialzo dei ricavi. “Il calo del 3% delle vendite del primo trimestre – scrive Reuters -, ben al di sotto delle aspettative degli analisti che si aspettavano una crescita del 2%, ha fatto presagire un altro anno difficile per le aziende del lusso dopo i recenti annunci del presidente Donald Trump in materia di dazi, che hanno scatenato i timori di una recessione”.

“Il principale fattore del rallentamento – aggiungono gli analisti di Barclays – sono stati i consumatori cinesi, in particolare i turisti cinesi in Giappone, che si sono confrontati con una base comparativa particolarmente impegnativa”.

EFFETTO DOMINO

Ma il calo di Lvmh del 7,2% ha trascinato giù anche altri del settore. Kering, proprietaria di Gucci, ed Hermès sono scese rispettivamente del 2% e dello 0,3%. La svizzera Richemont, proprietaria di Cartier, è scesa dello 0,7%, mentre l’italiana Prada del 4,2%.

PERCHÉ HERMÈS RESISTE

Sebbene le valutazioni di mercato tendano a fluttuare, le contrattazioni di martedì “riflettono performance e sentimenti divergenti degli investitori sulle due società”, ha dichiarato Jelena Sokolova, analista azionario senior di Morningstar, commentando il sorpasso di Hermès capitalizzazione di mercato.

Sokolova ha sottolineato la maggiore esposizione di Lvmh alla fascia bassa dello spettro del lusso, mentre la base di clienti più ricca di Hermès le consente di resistere meglio a una flessione del settore. Anche per Flavio Cereda, che gestisce la strategia di investimento Luxury Brands di GAM, la focalizzazione del gruppo sui beni di lusso di fascia media è “un’area di preoccupazione”.

La “clientela aspirazionale – ha spiegato la direttrice finanziaria di Lvmh, Cecile Cabanis, riferendosi ai dazi – è sempre più vulnerabile nei cicli economici meno positivi e nelle incertezze, e potrebbe aver avuto un certo impatto nelle ultime settimane”.

PREVISIONI NON ROSEE

Nonostante la fascia più lata del lusso tanga botta, Deutsche Bank osserva che “il miglioramento registrato alla fine del 2024 sembra ora un’anomalia, dato che il settore chiave della moda e della pelletteria di Lvmh, che ospita i marchi Louis Vuitton e Dior, è tornato a registrare un calo delle vendite del 5%”.

Dalla fine di marzo le azioni delle aziende del lusso sono scese, con Lvmh, Kering e Burberry in calo del 14%, Richemont del 13% e la stessa Hermès del 5%.

Gli analisti di Bernstein, riferisce Reuters, hanno recentemente abbassato le loro previsioni di vendita per il settore quest’anno a un calo del 2%, contro una precedente previsione di crescita del 5%, un calo che segnerebbe la più lunga flessione del settore in oltre due decenni.

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