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Il Parlamento europeo vuole vederci chiaro sul pulsante di Meta AI apparso su WhatsApp

Mark Zuckerberg continua a fare incetta di trumpiani nel board e preme perché il presidente Usa lo aiuti a scardinare i vincoli normativi europei che frenano a suo dire l'innovazione e intanto l'Europarlamento si interroga sul nuovo pulsantino di Meta AI comparso in WhatsApp come nelle chat dei social di Menlo Park

Negli ultimi giorni il web si è riempito di internauti che domandavano a cosa servisse quel curioso pulsantino con una “O” variopinta, azzurrognola, apparsa improvvisamente nell’ultima versione di WhatsApp, la popolarissima applicazione di messaggistica istantanea nel portafogli dell’americana Meta. Chiarito che l’iconcina porti a parlare con Meta AI, l’intelligenza artificiale elaborata a Menlo Park, sono apparse altrettante domande se fosse possibile disinstallarla. E la risposta al momento pare essere negativa. Per questo l’Ue, che proprio su Meta AI battaglia da parecchio con Mark Zuckerberg, ora vuole vederci chiaro con una interrogazione parlamentare che dovrebbe essere avviata nell’immediato.

META AI ANCORA FRONTE CALDO TRA ZUCK E LA UE

“L’Unione Europea sta istituzionalizzando la censura”, aveva accusato nei giorni immediatamente precedenti l’insediamento di Donald Trump il capo di Meta (Facebook, WhatsApp e Instagram) in un messaggio ai suoi utenti-clienti. Mark Zuckerberg aveva poi aggiunto di contare sul sostegno del nuovo presidente repubblicano per neutralizzare queste norme.

Il vero bersaglio di Zuckerberg più che la presunta censura comunitaria pare invece essere il Digital Markets Act, ovvero il corpus normativo europeo che mira a rimuovere la concorrenza dai servizi digitali. Un corpus che sta funzionando piuttosto bene e che, in orchestra con le norme sulla protezione della privacy Gdpr, potrebbe smantellare il modello pubblicitario “pay or consent” di Meta che mette di fronte gli utenti alla possibilità di scegliere se pagare ed evitare pubblicità o non pagare e consentire l’uso dei propri dati. Un modello, peraltro, che ha anche spinto il Fisco italiano a ipotizzare che le iscrizioni abbiano un valore monetario per Meta, dato che grazie alle profilazioni ospita sui propri social pubblicità più accurate.

META CONTINUA A FARE INCETTA DI TRUMPIANI

Le numerose restrizioni comunitarie avevano costretto Zuckerberg a rinviare il debutto nel Vecchio continente di Meta AI, rilasciata negli Stati Uniti fin dal 2023. “Ci è voluto più tempo di quanto avremmo desiderato per portare la nostra tecnologia IA in Europa dato che continuiamo a navigare nel suo complesso sistema normativo, ma siamo felici di essere finalmente arrivati a questo punto”, aveva sibilato la Big Tech statunitense lo scorso 20 marzo, proprio mentre si apprezzava a sguinzagliare l’algoritmo smart nei nostri WhatsApp (Meta AI invece resta irraggiungibile per via diretta).

Insomma, dati i tanti fronti aperti tra Meta e la Ue, si capisce perché l’ormai ex (per superati limiti anagrafici) enfant prodige della Silicon Valley si sia aggrappato alla giacca del nuovo presidente Trump mentre cestinava frettolosamente i programmi DEI (Diversity, Equity & Inclusion) e le iniziative sul fact checking. Ma, soprattutto, si comprende come mai abbia deciso di prendere a bordo nel consiglio di amministrazione Dana White, Ceo dei tornei Ultimate Fighting Championship ma soprattutto sostenitore e amico del tycoon tornato presidente. Sempre nelle ultime ore Meta ha accolto nel proprio board pure Dina Powell McCormick, altro trumpiano di ferro, membro della prima amministrazione Trump.

NUOVA GRANA ALL’EUROPARLAMENTO?

Grandi manovre in Menlo Park, insomma. Ma anche al di qua dell’Atlantico qualcosa sembra muoversi. Quell’iconcina di Meta AI che non può essere disattivata potrebbe infatti essere il venturo casus belli tra la Ue e Meta. “Ecco il problema: non puoi disattivarlo!”, ha scritto non senza enfasi su X l’eurodeputata Veronika Cifrová Ostrihoňová annunciando l’intenzione di avviare una interrogazione destinata a investire del caso la Commissione europea: “Questo solleva seri interrogativi sul controllo dell’utente e sulla sicurezza digitale.”

 

“Molti di voi – ha spiegato l’europarlamentare – mi hanno contattato per esprimere le loro preoccupazioni e vi capisco. Ieri, durante una riunione dello European Parliament Committee on Internal Market and Consumer Protection che si è tenuta all’Europarlamento, ho sollevato la questione direttamente con il Vicepresidente esecutivo e Commissario per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen, chiedendole se la Commissione fosse a conoscenza di questa caratteristica e se fosse in linea con le norme dell’UE”.

 

Insomma, un nuovo round tra la Big Tech Usa e il Vecchio continente sembra alle porte e Meta vorrebbe chiedere la protezione di Trump se non fosse che in patria deve difendersi dalle infamanti accuse di Sarah Wynn-Williams, ex direttrice della politica pubblica globale di Facebook dal 2011 al 2017, per la quale Menlo Park avrebbe favorito la Cina nella corsa all’Intelligenza artificiale costituendo un danno per la sicurezza nazionale degli States. Accuse tutte da provare, per le quali Zuckerberg potrebbe essere chiamato a rendere testimonianza sotto giuramento, ma che intanto sembrano avere alimentato lo scetticismo del partito repubblicano come testimoniano gli innumerevoli tweet sulla questione del presidente della sub-Commissione, il senatore repubblicano Josh Hawley.

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