Donald Trump avrà tanti demeriti. Ma ha almeno un merito. Quello di regalarci almeno un quotidiano corto circuito da parte dei tanti commentatori che ogni giorno devono comunque dire qualcosa per contribuire al processo di mostrificazione o “reductio ad Hitlerum”, che dir si voglia.
Oggi è stato il turno del quasi sempre presente professor Francesco Giavazzi che, sul Corriere della Sera, ci ha regalato queste perle di saggezza, per indicarci cosa fare per reagire ai dazi di Trump.
«Dovremo infine aumentare la domanda interna, consumi e investimenti, europei. Come si appresta a fare la Germania. Trump capirà così, come sa una matricola all’università, che un avanzo commerciale non si corregge con i dazi — anche ammesso che lo si voglia correggere — ma facendo spendere e investire i propri partner commerciali. E cioè noi europei. La sospensione potrà essere utile anche all’Europa per riflettere su quello che avremmo potuto fare in passato. Il tempo degli alibi sembra finito.»
Pare di capire che la nostra risposta dovrebbe essere proprio la negazione della tristemente famosa “austerità espansiva” di cui il Professore è stato arcigno sostenitore per anni.
E fin qui, transeat. Non è la prima volta che ci conferma di aver cambiato idea.
Il bello arriva quando sostiene che l’avanzo commerciale non si corregge con i dazi. Probabilmente vero, se cercassimo una relazione causa-effetto immediata.
Ma se poi i dazi portano il Paese colpito a “aumentare domanda interna, consumi e investimenti” e, per questa via, diminuire il surplus commerciale con gli USA, non sono proprio i dazi ad aver causato, in modo decisivo questo effetto?
Quindi i dazi allora servono, vero? Altrimenti, quando mai la UE avrebbe deciso fare certe scelte di politica di bilancio espansiva – ammesso e non concesso che riesca effettivamente a farle – se non fosse stata costretta a farlo dai dazi di Trump?
Non è tutto bellissimo?