Caro direttore,
da qualche tempo mi sono appassionato alle vicende di Pirelli per i risvolti geopolitici della presenza della compagnia statale cinese Sinochem nell’azionariato. Anzi, più che di presenza sarebbe meglio parlare di ruolo da protagonista, visto che Sinochem ha una quota del 37 per cento mentre Camfin – la holding di Marco Tronchetti Provera – non arriva al 27 per cento.
Lessico a parte, la presenza cinese in Pirelli è diventata definitivamente ingombrante adesso che gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni alla vendita di tecnologie cinesi per i veicoli connessi: una normativa che, motivata con la tutela della sicurezza nazionale – una questione geopolitica, dunque -, potrebbe colpire gli pneumatici sensorizzati Cyber Tyre di Pirelli e di conseguenza gli affari sul redditizio mercato americano. Tronchetti Provera sta cercando disperatamente di trovare il modo di ridurre la quota di Sinochem di una decina di punti percentuali, ma senza successo: il consiglio di amministrazione del 26 marzo scorso è stato rinviato al 28 aprile, e chissà se un mese basterà per sbrogliare questo nodo.
“Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”, dice il proverbio. Che, a leggere questa ricostruzione di Startmag, qualcuno farebbe bene a ripetere a Tronchetti Provera, dato che è stato proprio lui ad aprire le porte di Pirelli (e di Camfin) ai cinesi dieci anni fa, e adesso si ritrova con una serpe in seno. Ma, come si dice – oggi sono in vena di detti: sarà l’età -, “il passato è bello perché è passato”. Quindi inutile stare a sottolineare quello che fu: conta soltanto il qui e ora.
E allora, in questo eterno presente del capitalismo italiano, mi chiedo: ma non è che Tronchetti Provera sta indirettamente chiedendo al governo, anche attraverso i giornali, di intervenire per risolvere una situazione che gli è sfuggita dal controllo? Il dubbio, già sorto con alcune sue dichiarazioni filo-meloniane, mi si è rafforzato stamattina con la lettura di due articoli, di Repubblica e del Corriere della Sera.
Repubblica fa il punto della situazione e ricorda che Pirelli deve chiarire la questione dei controllori: chi è, cioè, che controlla l’azienda? È Sinochem, in virtù della sua partecipazione, oppure no, considerate le modifiche alla governance introdotte con il golden power di giugno 2023? La parte cinese e quella italiana danno due risposte diverse, sulla base di due diverse interpretazioni.
Dell’articolo di Repubblica mi ha colpito il periodo finale, che riporto:
[P]er adeguarsi alla normativa americana la partecipazione dei cinesi in Pirelli dovrebbe scendere sotto il 25%. Oppure si dovrebbero apportare ulteriori modifiche alla governance in modo che il socio cinese appaia alla stregua di un investitore finanziario. Soluzioni che difficilmente Sinochem accetterà a meno che non sia costretta da un ulteriore intervento del governo attraverso lo strumento del Golden Power.
Di nuovo il golden power, di nuovo la mano materna dello Stato a sistemare un errore di gioventù (o almeno così piace raccontarlo): poi magari avvocati e professoroni esperti di queste materie ci sbomballeranno sulla normativa troppa vaga e dunque potenzialmente intrusiva (gli stessi avvocati e professori che incassano consulenze da Pirelli, chissà).
Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo ancora più stuzzichevole sul dorso L’Economia, già dal titolo: Nuovi soci per Pirelli. Fondi presto in campo. Quali fondi? Nell’articolo non si fa alcun nome. Pazienza…
Anche il Corriere , comunque, ricorda le difficoltà delle parti italiana e cinesi a raggiungere un accordo. Poi arriva un paragrafo succulento:
Fonti di mercato parlano di una proposta per far scendere l’influenza dei cinesi su Pirelli coinvolgendo nuovi soci, Probabilmente fondi, sovrani o long-ter,. Ma le opzioni sarebbero più d una. È tornato a circolare anche il nome della Cassa depositi e prestiti, che tuttavia non sarebbe coinvolta nella partita. L’attenzione della politica resta comunque alta […]. L’obiettivo del confronto in corso è ribilanciare il peso degli azionisti cinesi spostando l’ago della bilancia verso Camfin, che è pronta a salire al fino al 29,9% in Pirelli.
Fonti di mercato parlano di fondi, anonimi; circola il nome di Cdp, che però non è parte delle trattative. Non starei a ridurre il tutto ai classici “si dice” giornalistici, però, visto che l’autore dell’articolo mi pare che un giornalista che segue da anni anche le imprese di Tronchetti Provera.
Tra il golden power e la Cassa, pare insomma che la vicenda Pirelli diventerà (ancora di più) una vicenda pubblica.
Cordiali saluti,
Francis Walsingham