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Starlink forze armate

Pregi e difetti di Starlink per le Forze Armate

Starlink per scopi istituzionali o militari: vantaggi, sfide e problemi. L'approfondimento di Claudia Giulia Ferrauto

Starlink, il progetto di SpaceX, è una meraviglia tecnologica che ha ridefinito il concetto di connettività globale.

Con oltre 7.000 satelliti in orbita bassa (LEO) e un obiettivo ambizioso di 42.000, questa rete offre internet ad alta velocità in aree remote, o aree prive di infrastrutture terrestri. È un sistema unico nel suo genere, un trionfo dell’ingegneria e delle capacità visionarie di Musk, che testimonia il potenziale dell’innovazione umana.

Tuttavia non ci si può far sedurre con troppa facilità se si intende usarlo per scopi istituzionali o militari, perché qui la musica purtroppo cambia.

Come ho analizzato nel mio approfondimento “Speciale Starlink”, questa tecnologia straordinaria si scontra con limiti tecnici, economici e geopolitici che non possono essere superati, probabilmente nemmeno con le soluzioni più avanzate.

Esistono ostacoli strutturali, radicati nella natura stessa del progetto Starlink, che sollevano interrogativi cruciali sul suo utilizzo, soprattutto per scopi istituzionali o militari.

I LIMITI TECNICI CHE EMERGONO DALL’ARCHITETTURA DI STARLINK

La costellazione si basa su una rete di satelliti che comunicano tra loro e con gateway terrestri, supportati da terminali utente distribuiti in tutto il mondo. Con una capacità (teorica) impressionante, il sistema promette velocità elevate, ma la realtà poi ci racconta una storia diversa. In aree densamente popolate infatti, la saturazione della banda riduce le prestazioni a meno di 50 Mbps, quindi ben al di sotto delle aspettative pubblicizzate.

I terminali utente, cuore dell’esperienza per chi utilizza Starlink, soffrono di problemi hardware che tra l’altro sono noti: surriscaldamento, malfunzionamenti e difficoltà di aggiornamento su larga scala.

Questi dispositivi, spesso esposti a condizioni ambientali estreme, non possono essere facilmente sostituiti o rinforzati senza costi proibitivi.

Inoltre, i gateway terrestri – punti nevralgici che collegano i satelliti alla rete internet globale – sono vulnerabili ad attacchi fisici e digitali. Un’interruzione in uno di questi nodi può compromettere intere regioni, e questo è un rischio che nessuna crittografia può eliminare.

LA COMPLESSITÀ GESTIONALE DELLA COSTELLAZIONE

Se da un certo lato la dimensione della costellazione di Starlink rappresenta il punto di forza del servizio satellitare, sul fronte cyber sec è probabilmente il suo punto più debole: gestire 7.000 satelliti operativi, con un piano per sestuplicarli e portarli a 42mila, è un’impresa titanica. Ogni anno, SpaceX deve lanciare decine di missioni – 20-30 lanci, con costi che si aggirano intorno ai 50-60 milioni di dollari ciascuno – solo per mantenere la rete attiva, sostituire satelliti obsoleti e mitigare i rischi derivanti dall’affollamento orbitale. Le tempeste solari, che possono danneggiare i componenti elettronici, e i detriti spaziali, che aumentano con l’espansione della costellazione, complicano ulteriormente il quadro. La manutenzione di un sistema così vasto richiede risorse economiche e logistiche immense, che mettono sotto pressione anche un’azienda come SpaceX. È difficile immaginare come queste sfide possano essere risolte senza mettere alla prova la sostenibilità del progetto.

Sul piano della sicurezza informatica, Starlink si trova di fronte a minacce che nessuna tecnologia aggiuntiva attuale può neutralizzare completamente.

Attacchi DDoS, malware specifici come il “Malware 4. STL” e vulnerabilità hardware nei terminali sono stati documentati da analisi recenti e documentate.

La crittografia avanzata – che alcuni ipotizzano come soluzione per usare Starlink in contesti militari o istituzionali – pur implementata, in realtà non basta: i dati che transitano attraverso i gateway terrestri o i terminali restano esposti a intercettazioni o manipolazioni.

Soluzioni come la crittografia quantistica o sistemi anti-jamming esistono teoricamente, ma il loro costo – parliamo di cifre nell’ordine di miliardi di dollari per una rete di questa scala – è fuori portata.

Inoltre la dipendenza da infrastrutture terrestri vulnerabili, crea un circolo vizioso: senza una rivoluzione tecnologica che elimini questa dipendenza, la sicurezza totale rimane un miraggio.

  • Per chi utilizza Starlink a livello civile, trovandosi in aree rurali non raggiunte da fibra, questi rischi possono essere accettabili.
  • Per istituzioni o forze armate, dove la riservatezza è vitale, rappresentano un problema che temo sia insormontabile, come spiego qui.

TERZO GRANDE OSTACOLO DI NATURA GEOPOLITICA, FORSE IL PIÙ PREOCCUPANTE

Starlink opera in un contesto globale attraversato da tensioni crescenti. La sua capacità di fornire connettività in zone di guerra o aree isolate è un punto di forza, ma anche una vulnerabilità. I terminali, facilmente geolocalizzabili tramite segnali radio, espongono gli utenti a rischi concreti: in un conflitto, un esercito che utilizza Starlink può essere individuato e colpito con precisione. Stati-nazione con capacità avanzate – come Russia o Cina – hanno già dimostrato di poter interferire con segnali satellitari attraverso tecniche di jamming o attacchi diretti ai gateway. Durante il conflitto ucraino, ad esempio, sono emerse segnalazioni di malfunzionamenti attribuiti a interferenze deliberate. In un’ipotetica rete dedicata per usi istituzionali, con terminali rinforzati e gateway protetti, questi rischi potrebbero essere attenuati, ma non eliminati. La scala globale di Starlink e la sua visibilità lo rendono un bersaglio inevitabile, e nessuna misura tecnica può cambiare questa realtà.

I NUMERI

Costruire e mantenere la costellazione richiede investimenti colossali: si stima che SpaceX abbia già speso oltre 10 miliardi di dollari, con costi operativi annuali che continuano a crescere. Per rendere il sistema redditizio, l’azienda punta su milioni di abbonati civili, ma questo mercato – considerati i costi vertiginosi di gestione e di implementazione della costellazione – potrebbe non bastare nel lungo periodo ma al contempo l’idea di un’espansione verso mercati istituzionali o militari richiederebbe ulteriori risorse – terminali speciali, infrastrutture dedicate, personale qualificato – che aumenterebbero ulteriormente il peso finanziario. Anche realtà strutturate, come quelle italiane che stanno esplorando collaborazioni con Starlink, si trovano di fronte a questo dilemma: per quanto competenti e innovative, ci sono limiti tecnici che non si possono superare con facilità perché derivano dalla struttura stessa del progetto. E i costi per rendere Starlink sicuro e affidabile, per usi sensibili superano i benefici, poiché lasciano aperti molti dei rischi descritti.

COSA SI PUÒ QUINDI?

In questo contesto, è interessante considerare il caso italiano, che ci riguarda da vicino e che mette in luce le sfide di una eventuale collaborazione con SpaceX. Trovo interessante notare che, secondo quanto riportato da Il Foglio oltre due mesi fa, l’11 gennaio 2025, Roberto Cingolani – ad di Leonardo, azienda leader nel settore aerospaziale e della difesa – aveva evidenziato il ritardo dell’Italia nello sviluppo delle tecnologie satellitari, settore strategico per sicurezza e innovazione. E che durante un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Cingolani avesse proposto di colmare questo gap collaborando con SpaceX, sfruttando le capacità di Starlink per rafforzare la posizione italiana.

La cosa a mio avviso interessante, tuttavia, è la seguente: in questi ultimi due mesi il tavolo geopolitico è diventato molto più teso, un’evoluzione che non è passata inosservata. E non è a caso, a mio parere, se l’ 11 marzo 2025, il Wall Street Journal ha riportato una dichiarazione di Leonardo che appare molto più incline a sposare una visione di totale autonomia italiana, con l’azienda che punta a ordini per 28 miliardi di dollari entro il 2029, capitalizzando sull’aumento della domanda di tecnologie militari in Europa, in un contesto che richiede forze armate più robuste.

Questo cambio di tono potrebbe essere indice di una nuova e più profonda riflessione sull’opportunità di prendere una direzione autonoma da Starlink – per quanto concerne le comunicazioni istituzionali e militari – garantendo così quella sicurezza e quell’indipendenza tecnologica che determinati contesti esigono per loro natura.

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