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Chi sparge sale su Suez in Puglia

Acquedotto Pugliese ha affidato anche a Suez Italy la progettazione e la realizzazione di un dissalatore. Ma alcune associazioni protestano. Fatti e approfondimenti. L'articolo di Energia Oltre

Il dissalatore dell’Acquedotto Pugliese (AQP) a Taranto non risolverà i problemi idrici della Puglia. Anzi, rischia di portare la Regione alla bancarotta idrica. È l’accusa del Comitato per la difesa del territorio jonico, di cui fanno parte una quarantina di associazioni, che da tempo manifestano contro l’infrastruttura che renderà potabili le acque salmastre della sorgente del fiume Tara. Venerdì scorso gli attivisti hanno organizzato un sit-in davanti al municipio di Taranto per chiedere alla commissaria prefettizia, Giuliana Perrotta, di proseguire il ricorso al Tar contro il progetto del dissalatore, avviato dall’amministrazione uscente. Perché i cittadini dicono no al dissalatore?

ACQUEDOTTO PUGLIESE SI AFFIDA A SUEZ PER IL DISSALATORE

Acquedotto Pugliese ha affidato a Suez Italy, Suez International, Edil Alta, Ecologica, Ai Engineering e Consorzio Uning la progettazione e realizzazione di un dissalatore nei pressi della sorgente del fiume Tara. Un’opera che costerà 90 milioni di euro, 27 dei quali arriveranno dal PNRR, a quanto si apprende da un comunicato diffuso dalla società in seguito alla gara. Secondo le stesse stime di AQP, a pieno regime dovrebbe produrre 650 litri al secondo di acqua, poi remineralizzata aggiungendo acqua dolce e inviata al serbatoio di Taranto da 200.000 metri cubi.

Tuttavia, si tratta di una scelta insostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. Infatti, si tratta di un’opera costosa, invasiva, inefficace e dall’impatto ambientale significativo, secondo il Comitato per la difesa del territorio jonico.

DISSALATORE: PROGETTO DI SUEZ E LE CRITICHE DELLE ASSOCIAZIONI

La crisi idrica è figlia dell’assenza di una regolamentazione chiara sui prelievi idrici e della mancata ottimizzazione delle infrastrutture esistenti, che hanno portato la Puglia a una crisi idrica evitabile, secondo il Comitato per la difesa del territorio jonico. Una situazione aggravata dalla frammentazione di competenze tra enti locali e altre Autorità che è diventata ormai insostenibile. Infatti, il cambiamento climatico aggraverà sempre più la siccità, come evidenzia il report “CNR- Siccità scarsità e crisi idriche. Il contributo della ricerca a supporto della definizione del bilancio idrico”.

Per questa ragione, i cittadini propongono una pianificazione efficace e sostenibile delle risorse idriche secondo un approccio integrato che prenda in considerazione non solo il bilancio idrologico, ma anche le implicazioni socio-economiche e ambientali. In quest’ottica, il dissalatore non rappresenta la risposta migliore, secondo il Comitato, “ma un palliativo che rischia di creare nuovi problemi ambientali e di aggravare il deficit idrico, fino ad un vera e propria bancarotta idrica, sottraendo ulteriormente acqua al fiume Tara e minacciando il delicato equilibrio dell’ecosistema locale”.

COSA DICONO LE ASSOCIAZIONI

Il Comitato per la difesa del territorio jonico chiede investimenti in soluzioni diffuse, integrate e realmente sostenibili. La strategia del Comitato contro la siccità prevede di utilizzare gli ingenti fondi destinati al dissalatore per mettere in campo strategie di conservazione, ammodernare le infrastrutture esistenti e ottimizzare la risorsa idrica disponibile, evitando sprechi e dispersioni.

La dispersione di acqua potabile è uno dei principali responsabili della scarsità di acqua. Infatti, la vetustà della rete idrica fa sì che in alcune aree il 50% della risorsa immessa si perde nel tragitto. Ammodernare le infrastrutture di distribuzione sarebbe una scelta molto più sostenibile ed efficace rispetto alla costruzione di un dissalatore, secondo il Comitato.

LE PROPOSTE

Le associazioni propongono di potenziare e ottimizzare gli invasi artificiali esistenti, spesso sottoutilizzati o abbandonati, come evidenzia anche il rapporto del CNR. Una soluzione che AQP ha ignorato, secondo le associazioni dei cittadini. La terza misura che potrebbe ridurre la pressione sulle risorse idriche naturali è il recupero e riuso delle acque reflue utilizzate per l’irrigazione e usi industriali. Tuttavia, al contrario di altre Regioni, la Puglia ancora non è dotata di un piano concreto per incrementare queste pratiche virtuose.

Una gestione efficiente della risorsa idrica passa anche dalla raccolta delle acque meteoriche, pratica oggi ancora poco diffusa nel nostro Paese. Infatti, lo stesso rapporto del CNR sottolinea che la percentuale si ferma all’11% rispetto al potenziale. Il Comitato per la difesa del territorio jonico propone di investire in soluzioni a basso costo e ad alto impatto, come dimostra il progetto per la raccolta dell’acqua atmosferica sviluppato in Etiopia “Warka Water”.

(Articolo tratto da Energia Oltre)

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Dall’ufficio Comunicazione e media dell’Acquedotto Pugliese riceviamo e pubblichiamo:

“Il dissalatore di Taranto è ecosostenibile secondo gli stringenti criteri della Tassonomia UE e il CNR non si è mai espresso contro il progetto né contro la dissalazione in generale. Anzi, lo studio citato dall’articolo, “Siccità scarsità e crisi idriche. Il contributo della ricerca a supporto della definizione del bilancio idrico”, fra le possibili soluzioni contro le crisi idriche propone anche la dissalazione nel capitolo 10.

Il dissalatore di Taranto, come si può evincere dal progetto che ha superato tutte le autorizzazioni previste, è coerente con la visione dello studio.

Il dissalatore di Taranto risponde all’esigenza di diversificare le fonti e rendere più autonomi e resilienti Taranto e l’arco ionico salentino, l’unica area pugliese servita da una sola linea di approvvigionamento, tra l’altro extraregionale.

Il dissalatore si affiancherà alle altre azioni già messe in atto da AQP. Il recupero delle perdite idriche e l’efficientamento dei processi già oggi consento ad AQP di soddisfare il fabbisogno prelevando circa 100 milioni di metri cubi all’anno in meno rispetto al 2009. Una capacità gestionale che ha consentito alla Puglia di superare il 2024 senza interruzioni di servizio in un contesto in cui ampie aree del Sud Italia hanno subito razionamenti alla fornitura idrica. Il lavoro prosegue e attualmente sono in corso interventi che riguardano 1.300 chilometri di reti per un investimento complessivo di circa 800 milioni di euro. Lavori di risanamento reti sono in corso tra l’altro proprio in questi giorni a Taranto.

La dispersione potabile in Puglia non è del 50%. Secondo il censimento Istat del 2024 (l’ultimo disponibile), basato su dati 2022, la Puglia ha un tasso di perdite del 40,7%, meno della media nazionale (42,4%) e molto meno della media del Sud Italia (50,5%). Sulla base degli interventi programmati, AQP stima di raggiungere nel 2028 un tasso del 32,7%. La regione con meno perdite in Italia ad oggi ha il 29,7%. Tutto ciò, nella condizione unica della Puglia di una rete idrica estremamente lunga: 24 mila chilometri di condotte, di cui 5 mila di grande adduzione.

Sul riuso la Puglia rappresenta una best practice in Italia e ha un corposo piano di investimenti. Sin dal 2009 Acquedotto Pugliese adegua i suoi impianti di depurazione per affinare le acque già trattate e renderle idonee al riuso irriguo. Nel 2024, ad esempio, da 6 impianti è stata fornita risorsa all’agricoltura. Ad oggi sono 41 i depuratori di AQP dotati di stazioni di affinamento per un potenziale di 60 milioni di metri cubi d’acqua. Entro il 2028 i depuratori adeguati al riuso saranno 75, oltre un terzo del totale, per una capacità di circa 131 milioni di metri cubi di acqua.

Tornando al report citato nell’articolo, “Siccità scarsità e crisi idriche. Il contributo della ricerca a supporto della definizione del bilancio idrico”, nell’introduzione del capitolo 10 dedicato alle risorse idriche non convenzionali, afferma che “la desalinizzazione delle acque marine e salmastre costituisce un’importante alternativa in grado di offrire un’acqua di alta qualità e indipendente dal regime meteo-climatico”. Si citano i progetti di dissalazione previsti in Puglia “a causa del progressivo depauperamento degli acquiferi costieri” e utili a “incrementare la resilienza degli schemi idrici della penisola salentina”. E si sottolinea che “le sorgenti costiere salmastre (con TDS compresi tra 5000 e 20 000 mg/L – il Tara ha meno di 5000 mg/L di solidi totali disciolti, ndrsono considerate siti molto adatti per la realizzazione di impianti ad osmosi inversa grazie ai minimi costi di smaltimento delle salamoie direttamente in mare”.

Più in particolare la salamoia sarà di un tenore così basso da essere più dolce dell’acqua del mare, il consumo energetico sarà contenuto e coperto al 100% da fonti rinnovabili, non ci saranno nuove opere sul fiume (si useranno prese esistenti) e si garantirà un deflusso ecologico (come mai fatto prima) sulla base di un metodo già utilizzato in 200 fiumi di 13 regioni italiane e validato da ISPRA.

SCHEDA: LA TASSONOMIA UE

La tassonomia europea è un sistema di classificazione sviluppato dall’Unione Europea per identificare le attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. È stata introdotta con il Regolamento UE 2020/852, noto come Regolamento sulla Tassonomia, ed è uno strumento chiave del Green Deal europeo e del piano di finanza sostenibile
Obiettivi principali della Tassonomia UE:

  • Creare un linguaggio comune sulla sostenibilità: fornisce criteri chiari e standardizzati per determinare se un’attività economica è effettivamente sostenibile.
  • Impedire alle aziende di dichiarare come “green” attività che non lo sono realmente.
  • Orientare gli investimenti verso la transizione ecologica: aiuta investitori e imprese a scegliere progetti e attività allineati con gli obiettivi ambientali dell’UE.

Un’attività economica è considerata sostenibile se contribuisce in modo sostanziale a uno dei sei obiettivi ambientali dell’UE:

  • Mitigazione dei cambiamenti climatici
  • Adattamento ai cambiamenti climatici
  • Uso sostenibile delle risorse idriche e marine
  • Transizione verso un’economia circolare
  • Prevenzione e riduzione dell’inquinamento
  • Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi

In particolare, un’attività economica è considerata sostenibile se:

  • contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più degli obiettivi ambientali;
  • non arreca un danno significativo a nessuno degli altri obiettivi ambientali”.

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