Una cosa deve essere chiara: un prezzo del gas alto è necessario a chi spinge per la transizione green. Se il prezzo del gas tornasse basso non ci sarebbe partita e ci vorrebbero molti più sussidi pubblici per rendere concorrenziali le fonti green.
Il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica medio annuo tra il 2013 e il 2020, alle soglie della crisi del gas, è stato sempre inferiore a 63 €/MWh, un prezzo che oggi è un miraggio. Nel 2016 fu di 42 €/MWh, meno di un terzo di quello attuale!
Quelli erano anni in cui il contributo delle fonti rinnovabili era modesto e l’energia elettrica era prodotta in gran parte con il tanto vituperato gas: nel 2016 il 68% dell’energia prodotta era di origine termoelettrica, quasi tutta a gas e un po’ a carbone. In quell’anno, meno del 15% dell’energia elettrica prodotta era di origine fotovoltaica ed eolica. La crisi del gas ha fatto alzare i prezzi e ciò ha reso relativamente più competitive le fonti rinnovabili, rendendo meno onerosi i sussidi pubblici.
Ma la minore onerosità unitaria è cancellata dalle quantità enormi di nuova capacità necessaria per sostituire la capacità termoelettrica. Un prezzo del gas più alto era insomma un effetto desiderato da chi ha voluto e imposto il Green Deal. Il prezzo alto del gas è derivato dalla gestione scellerata degli approvvigionamenti continentali da parte dell’Unione europea, dalla mala gestio del concetto di sicurezza e dalla prepotenza della Germania, che ha utilizzato Bruxelles per imporre la propria agenda a spese nostre.