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L’idrogeno non se la passa meglio dell’elettrico, fallita la jv Hyvia di Renault e Plug Power

Termina dopo neanche quattro anni l'alleanza tra Renault e Plug Power che aveva dato vita alla francese Hyvia. Luca de Meo ha ammesso: "Non c'è mercato per i veicoli a idrogeno. Stiamo vendendo in perdita".

È destinata a terminare nel modo più mesto, ovvero con una sentenza fallimentare, l’avventura di Hyvia, la joint venture franco-americana tra il gruppo automobilistico Renault e la statunitense Plug Power per la produzione di celle a combustibile di idrogeno. “Ringraziamo tutti i clienti, gli azionisti, i partner e i dipendenti che ci hanno sostenuto”, lo scarno comunicato che si può leggere da alcune ore sul suo sito.

COS’ERA HYVIA

Creata nel giugno del 2021 e guidata da Nicolas Champetier, la realtà franco-statunitense aveva inaugurato l’anno successivo il primo stabilimento a Flins, all’interno del preesistente impianto di Renault, quindi nel 2023 lanciato il Renault Master Van H2-Tech, mentre sul finire del 2024 Hyvia aveva presentato la versione a idrogeno del nuovo Renault Master.

COSA HA FATTO FINORA

Sulla carta un’alleanza potenzialmente vincente, con Renault che avrebbe contribuito mettendoci i veicoli (peraltro i giapponesi dell’alleanza con Nissan e Mitsubishi Motors sono più incuriositi dall’idrogeno che dall’elettrico) mentre l’americana Plug nell’arco della sua storia ha distribuito oltre 60.000 sistemi a celle a combustibile, progettato e costruito 185 stazioni di rifornimento che erogano oltre 70 tonnellate di idrogeno al giorno ed è tra i principali attori nel campo delle soluzioni di produzione di idrogeno tramite elettrolisi.

COSA NON HA FUNZIONATO

“Non c’è mercato per i veicoli a idrogeno. Stiamo vendendo i veicoli in perdita”, ha dovuto ammettere pochi giorni fa l’ad della Renault, Luca de Meo. Poche ore dopo il Tribunale fallimentare di Versailles ha posto in liquidazione giudiziaria l’azienda affidandone la curatela fallimentare ad Axel Chuine dello studio legale Selarl Asteren.

“Le difficoltà incontrate da Hyvia derivano essenzialmente dalla lenta affermazione degli ecosistemi di mobilità a idrogeno in Europa e dagli elevati costi di sviluppo richiesti per l’innovazione nell’ambito dell’idrogeno”, si limitano a commentare dalla jv.

L’ASSENZA DI INVESTITORI

Che il destino di Hyvia fosse segnato lo si era capito il 10 dicembre scorso, in seguito all’infruttuoso tentativo di raccogliere “un’offerta di acquisizione credibile nell’ambito del processo di ricerca di un acquirente” che aiutasse i due player dietro la joint venture a fronteggiare gli elevati costi di sviluppo.

COLPA (ANCHE) DELLA UE?

In questo caso, a determinare la prematura morte del marchio potrebbero essere state anche le mosse sul tema del legislatore europeo, sostengono diversi osservatori, troppo concentrato sull’elettrico e completamente disinteressato alle tecnologie verdi alternative.

La necessità per le Case di investire in batterie e veicoli alla spina per sottostare ai diktat comunitari, l’assenza di infrastrutture di ricarica e gli alti costi di un sistema ancora in via di sviluppo, hanno fatto il resto.

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