Mancano poco più quarantotto ore al 24 febbraio, terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa. Come già avvenuto negli anni precedenti, le nazioni che fanno parte G7 stanno preparando un documento sul tema anche in vista dell’avvio di auspicabili negoziati per un cessate il fuoco.
Questa volta, tuttavia, trovare una posizione politica comune appare molto più difficile. Ieri, infatti, il rappresentante degli Stati Uniti ha chiesto ai colleghi sherpa del G7 di cancellare dalla prima bozza del comunicato la seguente espressione: “Aggressione russa dell’Ucraina”.
Questa richiesta dell’ultimo momento è una conseguenza diretta della nuova narrazione del presidente Donald Trump, che ha pubblicamente dichiarato che “la guerra sarebbe stata iniziata dall’Ucraina”.
Esistono evidenze empiriche inoppugnabili che la grande esercitazione delle forze armate russe ai confini dell’Ucraina il 24 febbraio del 2022 si è trasformata – come per una volta previsto in tempo dall’ intelligence Usa – in una vera e propria invasione e occupazione militare del territorio sovrano compreso il tentativo (fallito) di raggiungere la capitale Kiev.
L’invasione dei carri armati russi ha tuttavia trovato, con grande sorpresa di numerosi osservatori, una fortissima resistenza del popolo e dell’ esercito ucraino.
Personalmente non avrei mai pensato che l’Ucraina avrebbe potuto resistere per tre anni all’invasione della grande potenza russa con perdite territoriali limitate che non hanno raggiunto il 20% del territorio.
La resilienza ucraina si è sviluppata nonostante l’incessante e quotidiano lancio di migliaia di missili, droni e bombe telecomandate che hanno colpito la popolazione civile e le infrastrutture critiche dell’Ucraina. Solo ieri una vera e propria pioggia di droni russi ha colpito Odessa ed altre località.
Invertire le parti definendo l’aggredito aggressore, oltre che compiere un falso storico, sarebbe un ulteriore ostacolo a negoziati di pace già di per sé estremamente complicati.
Come finirà la disputa all’interno del G7 è difficile predire. Ciò che invece è (o almeno sarebbe) doveroso conoscere qual è il punto di vista dell’Italia, ovvero quali sono le istruzioni che il presidente del Consiglio ha dato ai nostri diplomatici che in queste ore stanno negoziando con gli sherpa del G7 il testo del comunicato finale per conto del governo.
Ciò che i cittadini italiani si aspettano è un comportamento coerente. L’esperienza dimostra che saper dire di no ad una richiesta degli Stati Uniti per il semplice motivo che essa è irragionevole e priva di fondamenti empirici è un segno di autorevolezza e determinazione politica da cui Giorgia Meloni ha tutto da guadagnare, anche se non accontenta gli umori filo-putiniani che in Parlamento accumunano settori della Lega in maggioranza e i 5 Stelle all’opposizione.