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Vi racconto le mossette di Ursula Von der Leyen

Poteri, mosse e decisioni della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Fatti e commenti. La lettera di Teo Dalavecuras.

 

Eurosuicidio? Di seguito la quarta parte di un approfondimento di Teo Dalavecuras (la prima, la seconda e la terza parte si possono leggere qui, qui e qui)

Che il dogma della sovranità degli Stati membri sia poco più di un cache-sex (avrebbe detto la buonanima del senatore Cesare Merzagora), si è visto quando nel luglio scorso Von der Leyen, non ancora “imperatrice” e abbondantemente scaduta con tutta la Commissione, per punire Orbàn reo di avere parlato con Putin, senza nemmeno disturbarsi a convocare formalmente la Commissione (il “Collegio” come lo chiamano a Bruxelles, giustamente perché il nome è la sola cosa che abbia di collegiale) fece sapere attraverso un portavoce che la presidente, nel quadro di un dichiarato boicottaggio del turno semestrale di presidenza ungherese della UE “ha deciso che la Commissione europea sarà rappresentata a livello di alti funzionari solo durante le riunioni informali del Consiglio”. Ti risulta che qualcuno si sia chiesto se una siffatta dirompente iniziativa rientrasse nei compiti di un organo “esecutivo” o non costituisse invece una lesione del principio costitutivo della UE? A me non risulta. Fiumi d’inchiostro sul putinismo di Orbàn ma neanche una riga sul calcio sferrato da VdL all’equilibrio istituzionale della UE.

Le ultime elezioni in Polonia sono state vinte dal leader gradito a Bruxelles, Donald Tusk, grazie a un’ingerenza, grande come la Grand-Place di Bruxelles, da parte della Commissione che non solo aveva crocefisso il governo uscente, conservatore, in nome dello “Stato di diritto” (che chiameremo SdD, un concetto che richiederebbe un lungo discorso ma è ormai degradato a una delle tante parole passe-partout della neolingua comunitaria) ma con grande tempismo, sempre in nome dello SdD aveva bloccato fondi già assegnati alla Polonia che, magicamente, si sono sbloccati con la prevista affermazione elettorale di Tusk. Di nuovo, la condotta della Commissione è razionale: una delle fonti del suo potere è la competenza nella distribuzione di questi fondi cui non fa riscontro l’onere di procurarseli (onere che è un attributo assai poco invidiabile della sovranità dei singoli Stati membri), riservandosi la Commissione il diritto di sindacare come e quanti fondi i singoli stati riscuotono dai propri cittadini. Di questo assetto normativo-istituzionale che concede alla Commissione larghi margini di manovra quest’ultima fa uso per conservare e incrementare il proprio potere, come farebbe qualunque altra entità che si trovasse nelle stesse condizioni di vuoto costituzionale e istituzionale, il primo intrinseco alla natura dell’Unione Europea, il secondo conseguenza dell’ “uso” sinora fatto delle istituzioni comunitarie dai soggetti che ne hanno occupato e ne occupano le posizioni chiave (senza parlare della latitanza delle “sovrane” classi politiche nazionali, argomento che richiederebbe moltissime pagine di suo).

Con la riconferma però forse qualcosa sta cambiando anche dentro Palazzo Berlaymont e negli immediati dintorni. Di là di una frase di inquietante megalomania contenuta nel discorso di accettazione di von der Leyen (quel che si deciderà nel prossimo quinquennio si ripercuoterà sui prossimi cinquant’anni, disse allora la Baronessa) e dell’apparentemente scherzosa attribuzione del titolo di “imperatrice” alla riconfermata presidente della Commissione da parte di Politico, il fatto è che negli ultimi tempi von der Leyen non nasconde più – se mai lo ha fatto – ma di proposito sottolinea la determinazione con la quale intende esercitare poteri sovrani: l’imposizione dei dazi alla Cina nonostante l’esplicito disaccordo di importanti Stati-membri, la firma del trattato Mercosur avversato fortemente da Italia e Francia, per la quale non c’era alcuna urgenza, il mancato coinvolgimento del presidente del Consiglio europeo (cioè dell’organo che riunisce gli stati “sovrani” che compongono l’UE e al quale appartiene l’esclusiva competenza delle decisioni di “politica estera”, in questo momento poi!) nel suo viaggio alla corte di Erdogan, esprimono uno stile che in altri casi sarebbe definito “autocratico” se non “dittatoriale” ma, trattandosi di VdL, Politico definisce, con delicatezza, “unilaterale”.

(4. segue: la prima, la seconda e la terza parte si possono leggere qui, qui e qui)

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