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Parlare a Musk perché Trump intenda

Che cosa è successo tra Musk e Mattarella. Fatti, interpretazioni e ricostruzioni.

Passerà anche questa, perché domani (oggi per chi legge) è già un altro giorno, ma sarebbe bene, quando si commentano le notizione del giorno, cercare di individuare almeno un pezzetto di Luna, assieme al ditone che occupa gli schermi di cellulari, tablet e televisioni. L’ipotesi non emersa adeguatamente cui ci riferiamo è che Sergio Mattarella abbia voluto parlare a Elon Musk perché Donald Trump intenda, già opportunamente sollevata su Startmag.

La supercazzola dei commentatori e dei quirinalisti di sinistra per giustificare il Capo dello Stato è meravigliosamente inconsistente: l’uomo più ricco del mondo sta per assumere un ruolo nel governo trumpista. E allora?! Al momento è un privato cittadino, per quanto potente, e non si capisce quindi perché il Quirinale ritenga di dovergli rispondere: non con un commento a margine di una domanda, una mezza parola scappata magari per sbaglio, ma con una nota ufficiale.

Una nota dove, ennesima supercazzola, si cita un precedente dell’ottobre 2022, quando Mattarella criticò le ingerenze di Parigi sul nuovo governo: la ministra Laurence Boone aveva sollevato dei dubbi contro Giorgia Meloni in un’intervista a Repubblica. Il paragone appare sproporzionato e improprio, dato che in quel caso era stata una figura istituzionale a uscire dal seminato. Vera è però una cosa: che anche all’epoca sarebbe parsa sufficiente una dichiarazione del capo di governo uscente, Mario Draghi. La ridondanza mattarelliana di due anni fa rende quindi credibile quanto il Quirinale assicura oggi a Repubblica: “Che avrebbe ribattuto a Musk perfino nel caso in cui vi avesse provveduto la premier personalmente; il silenzio di Meloni non ha minimamente influito sul capo dello Stato, garantiscono forse per carità di patria, né Mattarella intervenendo ha esercitato una supplenza nei confronti del governo; ha semplicemente svolto il ruolo di garante, che gli spetta e da cui non intende abdicare”.

Citiamo per esteso perché la frase è di grande interesse, tanto più arrivando da un giornale ostile, più che critico, nei confronti di Meloni: l’attuale inquilino del Colle ritiene di difendere la Carta anche quando ci fosse qualcuno più istituzionalmente allineato a chi la attacca. Anche, vediamo ora, se si tratta di un semplice cittadino straniero. “Semplice” si fa per dire, ovviamente, trattandosi di Musk: non solo uomo più ricco del mondo ma anche finanziatore e prossimo ministro del seminuovo presidente Usa. Al quale, sembra evidente, è rivolto il cazziatone. È a Donald che Sergio sta facendo capire di tenere a freno le frequenti intemperanze, proprie prima che dei suoi collaboratori. In questa chiave l’evidentissimo fuori registro quirinalizio assume un senso.

In pochi, inoltre, sottolineano adeguatamente il ruolo nella vicenda del giovane adulto che funge rappresentante italiano di Musk: l’Andrea Stroppa che, citiamo dai quotidiani Gedi, è stato “incaricato della ricucitura con un comunicato in cui fa sapere che il patron di Tesla ‘esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana’. Ma rivendica, nonostante questo, il diritto di ‘esprimere liberamente le proprie opinioni’” (La Stampa); e che, “braccio destro di Musk in Italia, spiega così a Repubblica la dichiarazione: ‘L’abbiamo fatta per chiarire il punto di vista in modo amichevole e chiudere la vicenda, perché no’”.

Difficile pensare che Stroppa abbia lavorato alla toppa e non sia anche l’autore dello strappo. Chi altro potrebbe avere segnalato a Musk il problema della frattura magistratura-esecutivo, con dovizia di termini, se non il Nerd che delle maglie giudiziarie ha già provato la stretta del circuito mediatico-giudiziario? Stroppa è tangenzialmente finito nel registro degli indagati della procura di Roma all’interno di un’inchiesta su un presunto giro di corruzione per appalti di Sogei, alla quale ha immediatamente precisato di essere totalmente estraneo.

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