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Chi salirà in cattedra alla Columbia University

Minouche Shafik si è dimessa da rettrice della Columbia University di New York, una delle più importanti e prestigiose negli Stati Uniti e nel mondo. Ecco perché. E chi la sostituirà. Tutti i dettagli

La prima rettrice donna della Columbia University Minouche Shafik ha improvvisamente annunciato mercoledì di essersi dimessa dopo mesi di serrate critiche da parte della comunità studentesca, dei donatori e dei membri del Congresso per la gestione considerata fallimentare se non scandalosa delle proteste pro Gaza nel campus.

Perché è importante.

Come sottolinea Axios, il caso fa notizia perché Shafik è la terza figura di vertice di un’università della cosiddetta Ivy League che aveva partecipato a una controversa audizione al Congresso sul montare dell’antisemitismo negli atenei e che, anche per le risposte ambigue fornite in quell’occasione ai parlamentari, si è vista costretta alla fine a rassegnare le dimissioni.

Per la stessa ragione siamo di fronte a uno sviluppo clamoroso in quanto proprio la Columbia era diventata in primavera l’epicentro della contestazione studentesca contro Israele dilagata nelle università con evidenti e violente derive estremiste che hanno rimesso in discussione i delicati equilibri della libertà di espressione.

Le dimissioni.

Shafik ha reso nota la propria decisione con una lettera indirizzata alla comunità della Columbia.

Nel testo l’economista di origine egiziana, già funzionaria della Banca Mondiale, dell’FMI e della Bank of England nonché ex presidente della London School of Economics, scrive che, malgrado il recente miglioramento della situazione, questo “è stato un periodo di disordini in cui è stato difficile far convivere visioni divergenti entro la nostra comunità”.

“Anche se la tensione, le divisioni e la politicizzazione hanno spaccato il nostro campus quest’anno, la nostra missione chiave e i nostri valori persistono e continueranno a guidarci nell’affrontare le future sfide”, conclude Shafik cui ora, come ha reso noto lo stesso ufficio della presidente uscente in un altro comunicato, subentra come presidente ad interim la dottoressa in Medicina Katrina Armstrong.

In una lettera il Board of Trustees della Columbia sottolinea di aver accettato “a malincuore” le dimissioni di Shafik spiegando di nutrire fiducia in chi è ora chiamata, sebbene in forma temporanea, ad assumerne le funzioni. Di Armstrong vengono in particolare lodate l’esperienza e le capacità di leadership, chiedendo alla comunità accademica di sostenerla.

Epilogo.

Questo dunque l’epilogo di una vicenda che aveva visto Shafik tentare un negoziato con i manifestanti attendati nel campus per poi essere costretta, dopo la violenta irruzione degli studenti e di molti infiltrati nelle pertinenze dell’edificio chiamato Hamilton Hall, a chiedere l’intervento della polizia di New York il 30 aprile.

Furono circa trecento gli arresti effettuati in quella circostanza che non chiuse la vicenda in quanto Shafik chiese alla polizia di rimanere dentro il campus per più di due settimane “per mantenere l’ordine e assicurarsi che non ci siano più accampamenti”.

La testimonianza al Congresso e il paradosso.

Ma prima di questi sviluppi c’era stata la famosa testimonianza della stessa Shafik al Congresso considerata da molti disastrosa proprio come quella delle colleghe di Harvard Claudine Gay e dell’Università della Pennsylvania Elizabeth Magil.

Come osserva il New York Times, alla stregua di chi si era dimessa prima di lei Shafik paga in prima persona l’impossibilità di trovare un equilibrio tra le ragioni di chi protesta e l’indignazione di chi, nelle manifestazioni dei campus, ha intravvisto lo spettro dell’odio razziale.

L’antisemitismo dilagato in quelle occasioni era stato tale da spingere alcuni importanti donatori tra cui il proprietario del New England Patriots Robert Kraft ad annunciare pubblicamente la propria intenzione di cessare ogni forma di contributo a favore della Columbia.

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