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Rai e Mediaset vs News Corp, c’è chi cede all’IA e chi no

Rai e Mediaset si rifiutano di cedere i propri contenuti per addestrare l'IA, mentre altri gruppi media come NewsCorp, proprietaria tra gli altri di Wall Street Journal, Times, Sun e New York Post, stringono accordi con OpenAI. È possibile stabilire chi ha torto e chi ragione? L'approfondimento di Laura Turini tratto dalla newsletter Appunti di Stefano Feltri

 

La possibilità di utilizzare materiale protetto dal diritto d’autore per addestrare sistemi di intelligenza artificiale è molto controversa.

Negli Stati Uniti sono pendenti dodici cause che vertono su questo tema, contro OpenAI, Microsoft, Midjourney e altri.

Al momento nessuna è stata decisa. Anzi, di fronte alla richiesta di emettere un ordine provvisorio che proibisse fin da subito ai sistemi di intelligenza artificiale di utilizzare materiale protetto, in attesa della decisione definitiva, la Corte ha preferito non azzardare alcuna presa di posizione, vista la delicatezza della questione.

Anche se può sembrare un aspetto secondario, affermare la possibilità o meno di utilizzare materiale protetto da copyright per l’addestramento rischia di cambiare le sorti dell’intelligenza artificiale.

Se dovessero essere pagati i diritti, le imprese che operano in questo settore dovrebbero cambiare strategia e, come esse stesse sostengono, molte chiuderebbero per l’impossibilità di sostenere l’impatto economico.

I dati di cui necessitano sono talmente numerosi che anche corrispondere una piccolissima royalty sarebbe un peso insopportabile.

Dal punto di vista legale, negli Stati Uniti, tutto ruota intorno all’interpretazione della dottrina del fair use e alla sua applicabilità alla nuova fattispecie.

Questa dottrina muove dal presupposto che lo scopo principale del copyright è diffondere la conoscenza e che deve essere trovato un equilibrio tra il sacrosanto diritto degli autori di ottenere un compenso per lo sfruttamento delle loro opere e l’interesse della collettività a conoscere e a partecipare al progresso.

In base al fair use possono essere utilizzate opere protette da copyright senza chiedere il consenso agli autori, e senza pagare alcun compenso, principalmente quando l’uso che ne viene fatto è un “uso trasformativo”, ovvero quando un’opera viene utilizzata non con il fine di copiarla o di sostituirsi ad essa, ma con uno scopo del tutto diverso, come accade quando viene usato un testo a fini di critica, di commento o per fornire informazioni su di esso. Non è l’unico criterio utilizzato, ma è il più importante.

Si sostiene così, su basi piuttosto solide a mio avviso, che i sistemi di intelligenza artificiale usano le opere protette per fini trasformativi, in quanto apprendono ed estraggono da esse modelli matematici, informazioni, elementi che consentono loro di creare opere nuove.

All’opposto, altri sostengono che un tale uso sarebbe comunque una copia illegale ed è su questo nodo cruciale che stanno riflettendo le Corti statunitensi con un’approfondita indagine anche di natura tecnica, utile a tutti anche per comprendere meglio il funzionamento dei sistemi di AI, che sono nelle mani di grosse imprese private ma non del tutto conosciuti.

In Europa non esiste la dottrina del fair use, ma nella Direttiva (UE) 2019/790 è stata introdotta la cosiddetta eccezione di  “text and data mining” (TDM) definito come “qualsiasi tecnica di analisi automatizzata volta ad analizzare testi e dati in formato digitale avente lo scopo di generare informazioni inclusi, a titolo non esaustivo, modelli, tendenze e correlazioni”.

In particolare l’art. 4 prevede che i titolari dei diritti d’autore possono opporsi al TDM, attraverso l’opt out, manifestando la loro volontà contraria in modo appropriato, eccezione introdotta anche nella Legge d’Autore italiana agli articoli 70-ter e 70-quater che il Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 Aprile 2024 estende espressamente anche ai sistemi di intelligenza artificiale.

Salvo che non si tratti di un’estrazione per fini di ricerca scientifica, che è sempre consentita, l’art. 70-quater prevede che “l’estrazione di testo e di dati è consentita quando l’utilizzo delle opere e degli altri materiali non è stato espressamente riservato dai titolari del diritto d’autore e dei diritti connessi nonché dai titolari delle banche dati”.

Esprimere il dissenso

Si è discusso molto su come possa essere manifestato “espressamente” il dissenso e in questi giorni ne sono arrivati alcuni esempi concreti. Mediaset, già a gennaio di quest’anno, ha introdotto nei titoli di coda una dicitura in cui specifica che “È severamente vietato ogni utilizzo delle immagini trasmesse atto all’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale generativa, così come l’utilizzo di mezzi automatizzati di ‘data scraping’”.

La Rai, dal canto suo, in una nota pubblicata recentemente sul proprio sito, ha reso noto di avere affrontato la questione e di avere deciso “che la Rai eserciterà la facoltà cosiddetta di opt out: proteggerà dunque i propri contenuti, da un lato attraverso l’utilizzo di tecnologie specifiche e dall’altro segnalando esplicitamente con un disclaimer la volontà di Rai – in quanto titolare dei contenuti – di vietarne la riproduzione o l’utilizzo alle Piattaforme di Intelligenza artificiale in linea con i principali servizi pubblici europei”.

Ad esse si è aggiunta la Sony che ha manifestato il suo dissenso in modo formalmente più preciso indicando pubblicamente le singole attività vietate e inserendo recapiti di contatto per chi volesse ricevere chiarimenti o ottenere il permesso all’utilizzo del suo catalogo musicale.

In questo contesto, è recente la notizia che un importante operatore dell’editoria come News Corp, a cui fanno capo, tra gli altri, il Wall Street Journal, il Times e il Sun e il New York Post, ha trovato un accordo con OpenAI, proprietario di ChatGPT e Dall-E, per l’utilizzo dei propri articoli.

Accordi analoghi erano stati raggiunti anche con altri gruppi editoriali, ma i contenuti precisi sono ovviamente segreti, per cui non è ben chiaro se sia stato concordato un compenso economico o qualche altra utilità e se gli articoli saranno utilizzati per l’addestramento del sistema, come è molto probabile, o come base di dati.

In attesa che negli Stati Uniti venga decisa una delle cause pendenti su questo tema, sembra che si stia cercando di trovare una soluzione commerciale per non ostacolare lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale o metterli a rischio.

Ciononostante non è ancora certo che questa sarà la scelta finale.

Le cose potrebbero cambiare se un Giudice affermasse la prevalenza del fair use, ovvero della possibilità di poter utilizzare materiale protetto da diritto d’autore per attività di studio o a fini trasformativi, e non si può dimenticare che anche in Europa c’è chi sostiene che il diritto di text e data mining, inteso, come diritto di vietare a terzi di apprendere nozioni dai dati, non esista e non possa pertanto essere vietato ad alcuno di farlo.

Questioni giuridiche di lana caprina che potrebbero cambiare le sorti dell’intelligenza artificiale o, quanto meno, dei modelli economici e finanziari per il suo sviluppo.

(Estratto dalla newsletter Appunti di Stefano Feltri: ci si iscrive qui)

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