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Perché la Germania invidia le mosse macroniane della Francia sugli investimenti dall’estero

Dopo il successo di "Choose France", che ha fruttato alla Francia investimenti esteri miliardari, in Germania gli industriali si chiedono se sia possibile replicare un evento del genere sul territorio tedesco. Secondo la stampa, no: ecco perché.

La Germania osserva con invidia i successi macroniani nell’attirare investimenti stranieri, rimpiange i tempi in cui era lei a brillare nell’Olimpo economico europeo e si chiede se imitare strategie come quella del summit “Choose France” sia un’idea buona e soprattutto percorribile.

LO “STANDORT” (“CHOOSE FRANCE” ALLA TEDESCA) È IN AFFANNO

La competizione è ormai serrata. Lo “Standort” tedesco, cioè la Germania come luogo capace di attirare interessi e investimenti dall’estero, è in affanno, appesantito da burocrazia, alta tassazione e – dopo la fine dei legami con Mosca – costi energetici elevati. La Francia invece, spinta soprattutto dalle capacità di marketing del suo presidente, sembra volare. Non basterebbe dunque copiare il modello francese?

“I politici tedeschi non osano impegnarsi in un marketing territoriale aggressivo alla Macron”, spegne subito gli entusiasmi l’Handelsblatt, “e ciò vale soprattutto per Olaf Scholz, noto per la sua moderazione anseatica e con il quale i rappresentanti dell’economia sono sempre più in disaccordo”. Un evento tipo “Choose Germany”, magari nello scenario del castello di San Souci a Potsdam, alle porte di Berlino, è difficilmente immaginabile. Così, non solo la Germania continua a registrare una diminuzione degli investimenti dall’estero, ma le aziende tedesche, oltre a emigrare in Polonia e negli Usa, in questo caso attratte dagli incentivi dell’Inflation Reduction Act di Joe Biden, se ne vanno proprio in Francia.

LE DIFFERENZE TRA FRANCIA E GERMANIA

Le aspettative create dalle promesse di Macron sono evidentemente esaudite. “In Francia l’atteggiamento politico nei confronti dell’economia è oggi più positivo che in Germania”, confessa all’Handelsblatt Daniel Hager, a capo del consiglio di sorveglianza del gruppo Hager, società tedesca leader nel settore delle apparecchiature e delle soluzioni elettriche per edifici residenziali, commerciali e industriali che ha la sua sede centrale nel Saarland, il Land tedesco al confine con la Francia. “Quando si tratta di realizzare progetti, in Francia ci sono modi che sono semplicemente più rapidi e le porte dei ministeri sono aperte”, spiega l’imprenditore, che è scettico anche sull’ipotesi di replicare in patria il modello di marketing macroniano: “Non penso che si possa semplicemente ripetere una cosa del genere, il vertice degli investitori è solo la punta dell’iceberg e il governo francese ha implementato una serie di misure favorevoli alle imprese. Questa politica non è sempre ben accolta dalla popolazione, ma è importante per la prosperità del paese”.

Il gruppo Hager è una delle più grandi medie imprese a conduzione familiare della Germania ed è presente in Francia dalla fine degli anni Cinquanta. Ora investire lì altri 120 milioni di euro e creare 500 posti di lavoro aggiuntivi.

Ovviamente si tratta di briciole rispetto ai 15 miliardi di euro stimati da Choose France con gli investimenti fra gli altri di Amazon, Microsoft, Pfizer, Astra Zeneca, FertigHy e Morgan Stanley. Un record che la stampa tedesca attribuisce all’attivismo di Macron. Il suo impegno personale attira ospiti di alto profilo, l’elenco questa volta ha compreso il presidente della Pfizer Albert Bourla e Jamie Dimon, capo della grande banca americana JP Morgan, ma all’appello hanno risposto anche diversi imprenditori tedeschi, come il ceo di Continental Nikolai Setzer. Dopo il discorso di Macron, i top manager possono interrogare il presidente, e al termine cenano insieme, scrive sempre l’Handelsblatt, e sebbene anche in Francia la situazione economica si sia deteriorata e lo Stato resti appesantito da deficit elevati, il presidente trasuda fiducia, cosa che agli imprenditori piace: il vecchio motto che il cinquanta per cento dell’economia è psicologia è sempre valido.

I numeri premiano: secondo un’analisi della società di consulenza aziendale EY, nel 2023 la Francia ha attirato più progetti di investimenti esteri di qualsiasi altro paese europeo e negli ultimi anni su questo fronte è stata sempre davanti a tutti. Il raffronto diretto è netto: nel 2023 Parigi aveva attirato 1.200 progetti di investimento di aziende straniere, Berlino 733, lo stesso livello di 12 anni prima con un calo del 12% rispetto al 2022. Ma con 183 progetti di investimento, la Germania è il secondo maggiore investitore in Francia dietro agli Stati Uniti. Nella direzione inversa, solo 30 investitori francesi hanno deciso di giocare le proprie chance di crescita in Germania.

LA DIPLOMAZIA ECONOMICA FRANCESE

La diplomazia economica è diventata centrale nella politica estera francese. Lo slogan “Scegli la Francia” è diventato parte centrale della diplomazia transalpina che si avvantaggia anche del particolare sistema politico-istituzionale del paese. “Macron beneficia del ricco potere presidenziale dello Stato centrale francese per portare la sua agenda di politica economica nelle province, ma questo stile di governo non sarebbe possibile nella Germania federale”, osserva ancora l’Handelsblatt. Nella pratica lo conferma Taavi Madiberk, il manager estone-tedesco alla guida di Skeleton Technologies, azienda produttrice di sistemi di stoccaggio dell’energia: “Non abbiamo dovuto tenere cinque riunioni diverse, ma abbiamo riunito tutti i decisori allo stesso tavolo”. Skeleton produce in Sassonia, ma il prossimo grande investimento sarà a Tolosa.

Insomma il sistema-paese francese si mostra più dinamico e moderno di quello tedesco. E l’opera di seduzione proseguirà a Berlino, dove a fine settembre si svolgerà una propaggine del summit “Choose France”. Laurent Saint-Martin, amministratore delegato dell’agenzia stataler Business France, mette le mani avanti e tranquillizza: “Il nostro obiettivo non è competere per gli investimenti, vogliamo creare coppie franco-tedesche nei principali settori industriali che possano resistere agli Stati Uniti e alla Cina in una concorrenza globale sempre più agguerrita”.

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