Siamo abituati a sentire che le microplastiche sono ovunque, ormai anche nel nostro organismo e nella placenta, ma non erano ancora state rintracciate nell’apparato riproduttivo femminile, in particolare nel liquido follicolare che è a diretto contatto con i gameti femminili, ovvero gli ovuli.
La scoperta, pubblicata in pre-print su medRxiv con un articolo dal titolo “First evidence of microplastics in human ovarian follicular fluid: an emerging threat to female fertility” (“Prime evidenze di microplastiche nel liquido follicolare ovarico umano: una minaccia emergente per la fertilità femminile”), è stata fatta dal gruppo di ricerca guidato da Luigi Montano, uroandrologo della Asl Salerno e past president della Società italiana della riproduzione umana, in collaborazione con l’Università di Salerno, la Federico II di Napoli, l’Università di Catania, il centro di ricerche Gentile di Gragnano e il centro Hera di Catania.
Lo stesso team aveva già individuato, sempre per la prima volta, la presenza di microplastiche nelle urine e nello sperma, di aveva rispettivamente scritto sulle riviste Toxics nel gennaio 2023 e Science of The Total Environment nel luglio 2023.
LA SCOPERTA
La ricerca non solo ha rilevato la presenza di nano e microplastiche – con una concentrazione media di 2.191 particelle per millilitro – ma anche la dimensione al di sotto di 10 micron – con un diametro medio di 4.48 micron -, evidenziando una correlazione tra la concentrazione di microplastiche e alcuni parametri collegati alla funzione ovarica.
“Si tratta di sostanze dalle dimensioni pulviscolari, che penetrano in profondità nel nostro organismo e che vengono introdotte nell’organismo con l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo e anche attraverso la pelle con i cosmetici ad esempio”, ha spiegato Montano.
La presenza di microplastiche nei fluidi follicolari ovarici è avvenuta in donne che si sottopongono alla procreazione medicalmente assistita.
I RISCHI
“Alla luce degli effetti negativi sull’apparato riproduttivo femminile ben documentati in campo sperimentale nel mondo animale, [questa scoperta] ci preoccupa non poco”, ha detto Montano. “Queste stesse sostanze, infatti, non solo hanno un effetto diretto di danno sulla funzione ovarica attraverso diversi meccanismi, in primis lo stress ossidativo, ma fanno anche da cavallo di troia ad altre sostanze notoriamente tossiche, come metalli pesanti, ftalati, bisfenoli, diossine, policlorobifenili e, secondo recenti studi, anche veicolo di virus, batteri e protozoi”.
“In conclusione, questa scoperta rappresenta una conferma di quanto la contaminazione della plastica sia da considerare un’emergenza da affrontare nell’immediato e che il ritrovamento di microplastiche nel liquido follicolare che è a diretto contatto con i gameti femminili rappresenta di per sé una minaccia significativa all’integrità del nostro patrimonio genetico che viene trasmesso alle future generazioni”, affermano gli autori dello studio.
LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA E I LEA
Del tema si discuterà al 7° congresso nazionale della Società italiana della riproduzione umana (Siru) che si terrà a Bari dall’11 al 13 aprile, occasione in cui si affronterà anche la questione del rinvio dell’entrata in vigore dei livelli essenziali di assistenza (Lea), che vede coinvolta pure la procreazione medicalmente assistita. “Un vulnus per le coppie che intendono intraprendere questo percorso”, avvertono gli specialisti.
In generale, ha ricordato la presidente di Siru, Paola Piomboni, l’infertilità in Italia “è un problema diffuso che riguarda quasi una coppia in età fertile su cinque e proprio il percorso della coppia infertile sarà al centro del dibattito e del confronto congressuale”.