Antonio Tajani dopo aver salutato, al termine del suo intervento, denso, preciso su identità e programmi di FI, pieno di passione, Paolo Berlusconi, si commuove. Deve aspettare un po’ prima di riprendere. Poi: “Quando ero più giovane non mi capitava, ma ora che sono un po’ vecchiarello…”.
La platea dei 1300 delegati a Roma, congresso dell’Eur, il primo dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, si scioglie in un lunghissimo applauso. Quasi un minuto, una standing ovation prima per il fratello del Cav, venuto a Roma in rappresentanza del sostegno “che la famiglia Berlusconi non ci ha mai fatto mancare”, dice Tajani, poi per per lui il segretario azzurro, non presidente perché di quello ce ne è uno solo: Berlusconi, il cui nome campeggia a caratteri cubitali e resterà nel simbolo.
È il congresso prima delle Europee che sancirà il fatto che Tajani non era un segretario di transizione, come frettolosamente era stato scritto nel luglio scorso dopo la prima incoronazione da parte del Consiglio nazionale del nuovo leader all’hotel Parco dei Principi a Roma, a poco più di un mese dalla scomparsa del Cavaliere. Quando Forza Italia fu già data per morta politicamente con il suo presidente fondatore. E, invece, a dispetto “degli iettatori”, come dice Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria – che si candida a vicesegretario nazionale con Deborah Bergamini, Alberto Cirio (presidente della Regione Piemonte) e Stefano Benigni, leader dei giovani azzurri – Forza Italia c’è”. Perché “Berlusconi, contrariamente a quello che hanno scritto – sottolinea il leader di FI – aveva già previsto chi fossero i suoi successoti: non io, ma tutti voi, tutti noi, gli elettori, i sindaci, gli amministratori”.
Tajani sceglie con cura le parole, che mettono al centro il valore cardine della “sacralità dell’individuo”, del principio basilare della “libertà”, del garantismo che dovrà vedere nella giustizia per prima cosa la “separazione delle carriere”, del “libero mercato”, che non dovrà mai essere sovrastato dallo stato, del “no a patrimoniali e tasse sulla casa”. Insomma tutto quel dna del partito che “Silvio” fondò fondando il centrodestra e che vuole tornare ad essere protagonista, centrale, il vero centro di tutta la coalizione ma anche di tutto il panorama politico.
Ha parole di ringraziamento Tajani per il premier Giorgia Meloni, che manda il suo partecipato saluto in un videomessaggio. Ma ricorda che “noi siamo leali come Giorgia è sempre stata con noi”, però “noi siamo diversi”. Non cita la Lega e Matteo Salvini, di cui in rappresentanza in sala c’è la deputata Simonetta Matone. Ma se rispetto alla Lega la differenza è in Europa (messaggio di Ursula von der Leyen, in sala interviene Manfred Weber, oggi Roberta Metsola, insomma i vertici Ue al completo con tutti i big del Ppe, di cui FI è rappresentante) dove Salvini vuole l’alleanza anche con le destre di Marine Le Pen e l’Afd tedesca, anche con Meloni Tajani non manca ri rimarcare i suoi garbati ma netti distinguo.
Il termine moderati non è molto usato, ma il segretario azzurro in una battuta dice a un certo punto: “Siamo seri, siamo nel nome di Berlusconi per la politica del fare, parliamo poco, non siamo cantastorie, ma non siamo certo dei rammolliti”.
Centro di gravità permanente: prendendo a prestito il titolo della canzone di Franco Battiato, Tajani spiega cosa vuole essere FI. Ovvero, “riempire tutto quello spazio che c’è tra Meloni e Elly Schlein (segretaria del Pd, ndr)”. Spazio ora fattosi ancora più ampio dopo che “la sinistra”, sempre più radicalizzata “ha perso il centro”.
Tajani omaggia il Cav, definisce questo “il discorso più difficile e importante” della sua vita, con un riferimento calcistico. “Ti senti come un giocatore della squadra di Maradona che deve fare la finale di Champions, ma Maradona non c’è più. E tu hai una sola possibilità, chiedere aiuto a tutta la squadra e alla curva perché ti sostenga. Voi siete la squadra, Berlusconi era Maradona”. Oggi Tajani, che non manca di ringraziare insieme con Paolo e tutta la famiglia Berlusconi anche un “non iscritto al partito, ma sempre prezioso e presente”, ovvero Gianni Letta, sarà eletto ufficialmente come segretario. Ruolo che ricopre “pro tempore” da luglio, quando fu indicato da quel consiglio nazionale che ha cancellato la carica di presidente, associandola per sempre al solo nome di Berlusconi.
Tajani ricorda che dopo la morte di Berlusconi in tanti davano il movimento per spacciato, ora si presenta davanti alla platea dei 1300 delegati con dei sondaggi che fanno sperare addirittura in un sorpasso sulla Lega. Il segretario rimarca l’appartenenza al popolarismo europeo, ripete che non c’è nessuna corsa ai danni degli alleati. “Noi possiamo in questo momento tornare a essere i grandi protagonisti della politica italiana”, sottolinea. Il premier invia un messaggio di sostegno.
“Antonio e la classe dirigente del partito hanno saputo raccogliere l’eredità politica e Forza Italia continua a rappresentare una parte significativa dell’elettorato di centrodestra”, dice Meloni. La delegazione dei meloniani è rappresentata dai capigruppo, Tommaso Foti e Lucio Malan oltre che dal presidente del Senato Ignazio La Russa, più volte nominato dal palco da Tajani.
Sembrerebbe ci sia molta più sintonia con FdI che con la Lega di Salvini. Ma Tajani è un mite molto tosto. La cui tempra era stata sottovalutata finora da molti osservatori. E la partita delle Europee con il proporzionale cercherà di giocarsela tutta per far crescere FI e riportarla a doppia cifra e rendere così omaggio con risultati concreti al suo “Maradona-Silvio che sta lassù sulla nuvoletta e da uomo del fare attende risultati concreti”.
In una cosa intanto colui che già da luglio non apparve un segretario di transizione è riuscito: riunire e riaccendere l’entusiasmo e le speranze azzurre. Giudicato a volte un po’ troppo algido, Tajani sa toccare le corde più profonde di tutto il partito, fa tornare in campo azzurri di peso della prima ora come Claudio Scajola che lo applaude in platea. Scalda i cuori di coloro che vennero erroneamente indicati come suoi oppositori interni al congresso come Giorgio Mulè e Licia Ronzulli. E, invece, ora i due vicepresidenti di Camera e Senato sono li con lui a cantare commossi “E Forza Italia”. “Il gollismo sopravvisse a De Gaulle, e cosi sarà per il berlusconismo”, aveva previsto subito Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato, che osserva: “Abbiamo dimostrato che la classe dirigente di FI c’ è”.
Tajani ringrazia Francesco Battistoni, capo dell’organizzazione, per gli oltre 100 congressi preparatori. Omaggia Rita Dalla Chiesa e Caterina Chinnici, esponenti di FI, figlie dei due eroi anti-mafia. Che il segretario azzurro, anche vicepremier e titolare della Farnesina, sia tutt’altro che un leader di transizione lo dimostra anche la nettezza con la quale taglia i ponti con Putin: “Non è più quello di Pratica di Mare, la morte in carcere di Navalny ci riporta ai metodi più spietati dell’Unione Sovietica”.