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Ecco chi tampona i grandi azionisti di Volkswagen

La società di gestione asset Flossbach von Storch ha criticato Volkswagen per la cattiva governance responsabile del calo delle azioni. Sotto accusa la famiglia Porsche e il governo della Bassa Sassonia. Fatti e commenti.

Flossbach von Storch, società tedesca di gestione dei fondi, ha criticato la casa automobilistica Volkswagen per la sua governance “imperfetta”. Il co-fondatore Bert Flossbach ha detto al Financial Times che “da quando è scoppiato lo scandalo del diesel, le falle [nella governance di Volkswagen, ndr] sono diventate chiaramente evidenti”.

CHI CONTROLLA VOLKSWAGEN

La critica nasce dallo scarso rendimento delle azioni di Volkswagen da circa un anno e mezzo e dalla presunta incapacità degli azionisti di maggioranza – Porsche Automobil Holding, che possiede il 53 per cento dei diritti di voto, e lo stato tedesco della Bassa Sassonia, che ha il 20 per cento – di risolvere il problema. “Siamo consapevoli della bassa valutazione di Volkswagen” sul mercato, ha detto Flossbach al quotidiano, “ma non vediamo alcun catalizzatore che possa compensare lo sconto rispetto ai peers“.

IL CROLLO PROLUNGATO DELLE AZIONI DI VOLKSWAGEN

Flossbach von Storch gestisce asset per 70 miliardi di dollari e viene considerata una delle società indipendenti di gestione dei fondi d’investimento di maggior successo in Germania. Possiede delle obbligazioni di Volkswagen, ma sono anni che non investe nelle sue azioni. Azioni che, negli ultimi diciotto mesi, hanno perso oltre il 50 per cento del loro valore. Secondo Flossbach, questo calo è aggravato dai “complessi e intricati” processi decisionali della casa automobilistica, che sta attraversando un momento complicato tra transizione all’elettrico e preoccupazioni per la dipendenza dalla Cina (nel 2022 è valsa circa il 40 per cento delle sue vendite globali).

Flossbach ha messo a paragone la performance azionaria di Volkswagen con quella di Ferrari, che un’azienda cinquanta volte più piccola per fatturato, eppure ha una capitalizzazione di mercato più grande.

UNA GOVERNANCE SBAGLIATA?

A detta di Flossbach, il problema di governance di Volkswagen risiede nel suo sistema di azioni “votanti” e “non-votanti”. Ad esempio, lo stato della Bassa Sassonia possiede l’11,8 per cento delle azioni di Volkswagen ma ha il 20 per cento dei diritti di voto; la famiglia Porsche-Piëch, attraverso Porsche Automobil Holding, ha una quota inferiore al 32 per cento ma il 53,3 per cento dei diritti di voto. Messi insieme, questi due azionisti possiedono solo il 43,7 per cento dell’equity di Volkswagen eppure controllano il 73,3 per cento dei diritti di voto.

Il cattivo andamento azionario di Volkswagen, secondo Flossbach, è dovuto al fatto che la famiglia Porsche-Piëch non è mossa da interessi economici, ma da motivi personali, di controllo quasi fine a sé stesso: Flossbach li paragona a “un bambino petulante all’asilo” che non vuole condividere con nessuno i propri giocattoli. Nemmeno lo stato della Bassa Sassonia ha interessi economici: il suo obiettivo è mantenere la base produttiva di Volkswagen quanto più possibile all’interno dei confini dello stato, in modo da garantire l’occupazione.

VOLKSWAGEN HA LE MANI LEGATE

Di conseguenza, secondo Flossbach, la dirigenza di Volkswagen non è libera di agire e di riformare le sue operazioni per renderle più efficienti: ossia tagliare i costi, delocalizzare parte della produzione all’estero, scorporare alcune divisioni.

Lo stato della Bassa Sassonia ha dichiarato al Financial Times che le argomentazioni di Flossbach sono “errate”. È vero però che la Germania vale solo il 12 per cento delle vendite automobilistiche di Volkswagen, eppure il 43 per cento della manodopera dell’azienda è tedesca. In Germania i costi del lavoro sono piuttosto elevati. Per questo motivo Flossbach ha detto che “per quanto ci piaccia vedere centinaia di migliaia di posti di lavoro di Volkswagen in Germania”, mantenere questo stato delle cose “è probabilmente irrealistico nel lungo periodo”. A suo dire, l’approccio della società – ovvero dei due azionisti che detengono i poteri di voto – si rivelerà “una catastrofe” nel lungo termine.

L’ANALISI DI MARCO LIERA

“Da inizio anno le azioni Stellantis sono salite del 37%, quelle Volkswagen sono scese del 22%. Tra i motivi”, ha spiegato su X l’ex-firma del Sole 24 Ore Marco Liera, esperto di finanza, c’è la “flessibilità con la quale Stellantis sposta le produzioni in giro per il mondo dove il costo del lavoro è più basso (ad esempio la nuova Alfa Romeo Milano sarà prodotta in Polonia). E gli azionisti festeggiano”.

“Mentre Volkswagen, che ha come socio ‘pesante’ il governo della Bassa Sassonia”, prosegue Liera, “mantiene in Germania (Paese ad alti stipendi) il 43% delle produzioni, pur vendendoci solo il 12% delle sue auto. E gli azionisti (e potenziali azionisti) si infuriano, come ha fatto sul FT Bert Flossbach”.

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