Così come McDonald’s anche il produttore di birra danese Carlsberg ha registrato, seppur lieve, un aumento del fatturato trimestrale grazie all’aumento dei prezzi che ha compensato un calo delle vendite estive a causa del maltempo.
Intanto, però, una serie di fattori minacciano il futuro della birra e dei tradizionali pub inglesi.
I RISULTATI TRIMESTRALI
Dai risultati trimestrali pubblicati oggi emerge che da luglio a settembre Carlsberg ha registrato un fatturato di 20,3 miliardi di corone (2,7 miliardi di euro), in crescita dello 0,27% rispetto allo stesso periodo del 2022.
I volumi di birra però sono diminuiti del 2,1% nel terzo trimestre, a 29 milioni di ettolitri, rispetto ai 29,3 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso. La flessione delle vendite, tuttavia, è stata compensata da prezzi di vendita per ettolitro più elevati.
Pur non comunicando i profitti trimestrali, il gruppo ha confermato la previsione di una crescita organica dell’utile operativo compresa tra il 4 e il 7% quest’anno.
CAUSE, CONSEGUENZE E PREVISIONI
Il calo, spiega la nota diffusa dal gruppo, è in parte spiegato dal “clima freddo e umido, in particolare nei mesi di luglio e agosto” ma anche “dalla debole domanda dei consumatori”.
Seppur in linea con le aspettative, i risultati hanno portato il terzo produttore di birra al mondo ad annunciare che “la debolezza del sentimento dei consumatori in Europa e nel Sud-Est asiatico potrebbe avere un impatto negativo sui mercati della birra”.
Carlsberg ha infatti spiegato che la domanda di birra nel quarto trimestre rischia di essere influenzata dalla debolezza dell’economia nel Sud-Est asiatico, nonostante la ripresa post-Covid in Cina, e dalla scarsa fiducia dei consumatori in Europa.
Intanto, l’Agi riferisce che questa mattina il titolo ha perso l’1,91% alla Borsa di Copenaghen.
LA CRISI DELLA BIRRA (E DEI PUB)
Ma le nuvole preannunciate da Carlsberg sono un brutto presagio anche per i pub, che nel Regno Unito, patria di questi luoghi di ritrovo, sono già da mesi in grave difficoltà. Nella prima metà del 2023, infatti, scriveva a fine agosto il Guardian, quasi 400, cioè circa 2 al giorno, hanno chiuso definitivamente i battenti in Inghilterra e Galles, un numero pari quasi a quello dell’intero 2022.
Con l’aumento dell’80% dei costi dell’energia rispetto all’anno scorso, un contesto di bassa crescita, alta inflazione e alti tassi di interesse e una possibile modifica delle aliquote commerciali annunciata dal governo per l’inizio del 2024, i gestori dei pub dicono di essere con le spalle al muro.
E le previsioni non sembrano lasciare molte speranze. Secondo un report di Frontier Economics, altri 750 pub sono destinati a chiudere nella prima metà del 2024. I dati riportati riferiscono inoltre che quest’anno le bollette dell’elettricità erano il 300% più alte rispetto ai livelli pre-Covid.