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Ma lo sapevate che gli investimenti Esg vanno a finire in Arabia Saudita?

Grazie a un complesso giro finanziario, la compagnia petrolifera Saudi Aramco ha potuto accedere a finanziamenti Esg, che dovrebbero in teoria rivolgersi ad asset attenti alla sostenibilità ambientale. Fatti, numeri e approfondimenti

 

Sembra assurdo, ma Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera al mondo, sta traendo beneficio dagli investimenti Esg, quelli che in teoria dovrebbero dirigersi verso asset dall’impatto ambientale, sociale e gestionale positivo. Merito – ha scritto Bloomberg, che ha scoperto la giravolta – di un “complessa rete di strutture finanziarie” utilizzate da Aramco per raccogliere fondi dai suoi oleodotti.

A detta dell’agenzia, pare che Aramco non volesse intenzionalmente attingere a fondi Esg quando nel 2021 ha avviato un processo per la raccolta di 28 miliardi di dollari. “Ma il fatto che gli investitori Esg abbiano finito per giocare un ruolo nell’aumento di capitale di un colosso dei combustibili fossili solleva interrogativi”, scrive.

DA DOVE NASCE LA STORIA TRA SAUDI ARAMCO E GLI ESG

La storia è ironica perché l’amministratore delegato di Aramco, Amin Nasser, in passato aveva criticato gli Esg. Lo scorso febbraio, per esempio, aveva dichiarato che i fattori di sostenibilità hanno “un pregiudizio automatico contro tutti i progetti energetici convenzionali”, e che questo pregiudizio sarà la causa di un sottoinvestimento rischioso per la sicurezza energetica e l’economia globale.

Il legame tra Aramco e gli Esg ha origine nella creazione di due controllate dedicate rispettivamente agli oleodotti e ai gasdotti: la Aramco Oil Pipelines Company e la Aramco Gas Pipelines Company. Aramco ha poi venduto il 49 per cento delle azioni di entrambe le società a due consorzi, uno guidato da EIG Global Energy Partners e l’altro da BlackRock.

– Leggi anche: Perché Fink di BlackRock adesso si “vergogna” degli Esg?

LA MANOVRA DI EIG E BLACKROCK

Per finanziare le operazioni, i due consorzi hanno fatto ricorso a dei prestiti bancari. E per generare liquidità in modo da ripagarli, hanno creato due società veicolo: EIG Pearl Holdings e GreenSaif Pipelines Bidco, entrambe registrate in Lussemburgo allo stesso indirizzo. Le società hanno successivamente venduto delle obbligazioni che, non avendo un legame diretto con l’industria dei combustibili fossili, hanno ottenuto un punteggio superiore alla media in una sorta di “protocollo di sostenibilità” realizzato dalla banca JPMorgan Chase e molto utilizzato.

Così, le obbligazioni delle società veicolo sono finite negli indici ESG di JPMorgan, che ricevono investimenti da grossi soggetti finanziari come UBS e HSBC.

IL PROBLEMA CON GLI ESG

Bloomberg riporta che probabilmente Aramco, attraverso le sussidiarie sugli oleodotti e i gasdotti, puntava ad accedere ai capitali nei mercati privati, che di solito hanno un costo più basso e non sono troppo supervisionati. “Ma l’esistenza di strutture finanziarie così complesse”, ha scritto Bloomberg riferendosi alle società veicolo e agli indici ESG, “crea un problema per gli investitori che vogliono essere sicuri che, investendo in un fondo Esg, i loro soldi vadano a imprese rispettose del clima”.

Alcuni esperti di finanza pensano che ci siano dei problemi con le metodologie di calcolo dei “punteggi di sostenibilità” di un investimento dovuti alla poca trasparenza e alla scarsità di dati disponibili. Le autorità di regolazione stanno però cominciando a intervenire. Per esempio, a giugno la Commissione europea ha presentato una proposta per modificare radicalmente il sistema di rating degli ESG, attualmente controllato da grossi gruppi finanziari, e imporre multe alle aziende che non si adegueranno alla nuova metodologia.

Già i sistemi attuali di valutazione della sostenibilità assegnano punteggi multo bassi a Saudi Aramco, che ha sì detto di voler ridurre le proprie emissioni pur prevedendo un loro aumento nel medio termine.

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