L’uscita di ChapGPT ha infervorato il dibattito in queste ultime settimane, scatenando – come ho descritto in un precedente articolo – la corsa a dire la propria. E come nel precedente articolo vorrei mettere in evidenza la necessità di un adeguato momento di riflessione prima di intraprendere certi percorsi in materia di digitale.
Io credo che stiamo facendo di tutto per portare le persone a non pensare, ma ad affidarsi a chi pensa per loro. Dal momento che le innovazioni tecnologiche vengono sempre “vendute” con il fine di migliorare la vita di tutti risparmiando tempo prezioso, non saremmo forse pazzi a sottrarci a tali vantaggi? Il fatto è che pensandoci bene, i vantaggi si vedono dopo un certo periodo di tempo, ma nel frattempo è possibile che vengano fatti danni ai quali è poi difficile rimediare.
Prendiamo i social. Dapprima strumenti esaltati per le loro caratteristiche facilitanti l’interazione e la socializzazione, ora sono continuamente sotto i riflettori per l’uso indiscriminato che ne viene fatto, soprattutto da parte delle generazioni più giovani, ma non solo. Il cyberbullismo, nella sua gravità, è solo uno degli esempi dell’abuso di tecnologie digitali e dei social. Poi nel corso degli anni si sono aggiunti termini e fenomeni nuovi, come il phubbing, vale a dire il comportamento volto a trascurare le persone presenti perché si è concentrati continuamente sul proprio smartphone (di fatto una sorta di isolamento sociale). O come le sfide sui social, l’ultima delle quali è quella della “sex roulette” tra le ragazze più giovani: per avere like e vincere la sfida, si arriva a fare sesso non protetto, perde chi resta incinta. Con tutte le conseguenze e le implicazioni psicologiche che si possono immaginare.
Come tornare indietro rispetto a tutto questo? Anche se un domani i social tramontassero, i danni prodotti non scomparirebbero. E non sarebbe facile porvi rimedio. Perché nel frattempo si è perso il significato della relazione in quanto tale, del rispetto per l’altro e della sua privacy; senza contare la polarizzazione delle posizioni espresse, l’aggressività per chi ha opinioni contrarie. Se, quindi, è fondamentale educare alla consapevolezza digitale, altrettanto rilevante è ripartire dall’educare in senso lato, in primis al rispetto dell’altro.
Non ho nulla contro l’innovazione tecnologica, anzi, ma continuo a pensare che sia sempre necessaria la prudenza, perché una volta intrapresa una certa strada, è difficile tornare indietro.
Che i sistemi di intelligenza artificiale possano comportare gravi rischi è stato messo nero su bianco in una lettera firmata da esperti del settore tecnologico, tra cui anche Elon Musk, chiedendo una pausa di almeno sei mesi nello sviluppo di sistemi di IA per poter stabilire delle regole certe per il suo controllo.
Sinceramente ho seri dubbi sulla finalità di questa richiesta, dal momento che non mi sembra che fino ad oggi ci sia stata particolare attenzione agli aspetti sociali e di benessere delle persone da parte di chi produce o investe nello sviluppo di tecnologie innovative. Considennovazionrato soprattutto il business che c’è dietro. Per questo sono molto d’accordo con quanto discusso dal prof. Enrico Nardelli nel suo recente libro “La rivoluzione informatica. Conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale”, in particolare quando fa riferimento alla necessità di procedere ad una valutazione d’impatto sociale (VIS) per tutte le innovazioni digitali significative, al pari di quelle valutazioni di impatto ambientale che si fanno prima di procedere alla realizzazione di una determinata opera.
È quindi lecito chiedersi: quanto siamo sicuri di riuscire a governare l’innovazione digitale e gestirne le conseguenze? Qualcuno si affiderà a ChatGPT per avere la risposta, magari per curiosità o perché semplicemente non ha voglia di pensare.
Con i social la sfida è persa, almeno al momento. Ci siamo accorti troppo tardi, come documentato nel noto film di Netflix “The social dilemma”, che la pericolosità dei social va anche oltre quello che ci eravamo immaginati. Facciamone tesoro e non ripetiamo lo stesso errore.