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Perché Canzonieri (ex Mediobanca) sbaglia sulle fusioni

Il post di Fulvio Coltorti, già direttore dell’area studi e ricerche di Mediobanca

 

Dal Sole 24 Ore nuovo inno alle fusioni.

Credo che prima di parlare sia bene rendersi conto di ciò che si dice. L’Italia sta recuperando alla grande non certo per le grandi fusioni, con Stellantis esperta di cassa integrazione e grandi banche collassate in due, forse tre, poli che hanno già eliminato la concorrenza.

Come dimostrano i nostri saldi commerciali con l’estero, da tempo attivi per 90/100 miliardi di euro all’anno, sono le merci prodotte dalle imprese minori ad avere la meglio sui mercati esteri. Queste imprese non sono affatto sotto capitalizzate e hanno resistito bene alla crisi pandemica spesso avvantaggiandosene. Sono invece molte società risultanti da fusioni e acquisizioni a presentarsi spesso senza alcun patrimonio, avendolo distribuito o impiegato in avviamenti che valgono zero in termini reali.

D’altro canto un intermediario è un pifferaio magico che va sempre in cerca di commissioni e più operazioni promuove e più guadagna.

Si tratta di una musica ahimè cara alle orecchie di Bankitalia, ma creare nuovi grandi protagonisti nel settore bancario significa creare imprese protette le quali non farebbero che replicare le nefandezze che ci hanno portato alle grandi crisi finanziarie degli ultimi anni. Non dobbiamo creare campioni nazionali (che per definizione dovranno essere protetti a vita), ma agevolare lo sviluppo autonomo delle migliori imprese che abbiamo e queste non sono certo quelle che hanno assicurato commissioni e ricchi bonus agli intermediari nel recente passato.

Ciò non vuol dire che il private equity sia inutile, ma che è bene usarlo con intelligenza sostenendo le imprese che hanno dimostrato di essere le più meritevoli, senza combinare nuovi danni.

 

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