Monte dei Paschi
Si trascina un rosario di tentativi di cui ci si ostina a non vedere l’inadeguatezza.
Pare che molti girino attorno al tavolo con idee strambe e ipotesi che implicano esborsi a carico dei soliti ignari cittadini.
A me pare che debbano stabilirsi alcuni principi elementari:
1) il Monte dei Paschi ha già di per sé una dimensione più che sufficiente per camminare da solo; bisogna trovare in primo luogo un Ceo competente e coraggioso che sappia già che cosa è una banca (finora solo figure impresentabili);
2) la banca sta accumulando perdite e deve essere risanata e salvata per l’ultima volta; non deve godere di benefici “contagiosi”; i Dta (crediti fiscali differiti) sono buchi finanziari per tutti e vanno esclusi; non presi a pretesto per regalare soldi a tutto il sistema bancario! E qui l’associazione di settore dovrebbe recuperare un minimo di serietà e di moralità.
3) basta con le fusioni delle banche: come si vede generano solo problemi. Il Monte dei Paschi va rimesso sulla giusta strada. Ha un territorio dinamico e promettente e non si vede perché non possa riuscire a sopravvivere in autonomia. In questo modo si creerebbe la premessa per la futura cessione (ad esempio con una quotazione in borsa che sarebbe molto utile a tutti una volta che il mercato percepisse un vero cambiamento).
Lo Stato rientrerebbe (almeno in parte) dei suoi esborsi ed eviteremmo il licenziamento di persone tuttora utili alla società locale. Vedere cosa hanno fatto negli Stati Uniti.
Nel settore bancario c’è bisogno di più concorrenza e non di più oligarchie che come tali diventano manimorte.
E qui Bankitalia per prima deve ristudiarsi i perché delle ultime crisi finanziarie, visto che non le ha capite.
IL COMMENTO DI COLTORTI SU MPS NASCE DA QUESTO ARTICOLO DEL MESSAGGERO:
Stretta nuovamente nella presa fra Bce, Dg Comp e Tesoro, Mps deve accelerare sul percorso prestabilito di riscrittura del capital plan che, visti i tempi ristretti, dovrebbe passare da un matrimonio con Unicredit – il principale istituto rimasto disponibile dopo lo screening compiuto dal Tesoro con le altre grandi banche italiane – in un’operazione contestuale, non più in due tempi (prima aumento, poi partner).
Infatti la novità emersa negli ultimi giorni dopo le interlocuzioni con le Autorità è che a seguito delle perdite di bilancio 2020, la Vigilanza europea potrebbe chiedere d’urgenza una ricapitalizzazione per rialzare il Cet1, che potrebbe essere fino a 2,5 miliardi: ma essa dovrà avvenire in tandem con il merger, come richiesto dall’Antitrust europeo e da Bce affinché il nuovo assegno staccato dal Mef (1,7 miliardi la sua quota-parte) non venga classificato come aiuto di Stato e quindi da restituire. Di questo passaggio c’è grande attenzione al ministero guidato da Roberto Gualtieri.
In tale contesto il cda di Rocca Salimbeni presieduto da Patrizia Grieco, come annunciato giovedì 17 varerà il nuovo piano strategico predisposto da Oliver Wyman e Mediobanca, contenente varie opzioni di rafforzamento patrimoniale ed efficientamento, negli scenari m&a e stand alone. Quest’ ultima versione l’ad Guido Bastianinila sta facendo preparare anche per soddisfare quanti sono favorevoli al mantenimento della banca sotto le insegne statali: eventualità che in Via XX Settembre reputano poco realistica. L’aumento di capitale dovrà accompagnarsi ad un piano che prevede il taglio di costi per 500 milioni, mantenimento del marchio e di gran parte degli occupati, la tutela del territorio.
Per capire come andrà a finire bisogna partire dalla tarda primavera 2017 quando Bruxelles e Mef raggiunsero l’intesa sulla ricapitalizzazione condizionata: lo Stato versò 5,7 miliardi, all’interno di un piano di burden sharing (conversione dei bond in equity), di una ristrutturazione di costi e con la condizione appunto che l’intervento pubblico fosse sufficiente a confezionare un vendita, o fusione di una società risanata con il bilancio 2021. Si dà il caso che oggi la situazione si è deteriorata e il rendiconto 2020 potrebbe registrare una pesante perdita di oltre 2 miliardi, atteso che i nove mesi si sono chiusi in rosso per 1,5 miliardi per effetto delle rettifiche.
La Vigilanza Ue avrebbe già fatto intendere che a marzo con il capitale ridotto dalle perdite potrebbe essere indispensabile un adeguamento che il Tesoro dovrebbe coprire. Il ministero però è disponibile a sborsare altri soldi in un contesto definito di aggregazione, dove però alcune tessere devono ancora ancora andare al loro posto. Il partner sarebbe Unicredit che al di là delle posizioni attendiste, sarebbe disponibile a farsi avanti, con una operazione neutra sul capitale.
La banca milanese è alle prese con il nodo dell’ad, dopo l’addio annunciato da Jean Pierre Mustier e la ricerca di un successore, ancora ignoto, che si protrarrà per qualche altra settimana. Ma se entro gennaio il nome del nuovo ceo non fosse ancora uscito dal cilindro, toccherà a Mustier condurre l’operazione, visto tra l’altro che il suo passo indietro non sarebbe legato alla vicenda Mps bensì a divergenze più ampie aperte con il cda sulle strategie. Per rendere il merger neutrale, il Tesoro sta mettendo a punto la norma sulle Dta (i crediti di imposta) che potrebbe valere 3 miliardi circa per Mps. Per affrontare il cospicuo contenzioso da 10,2 miliardi Gualtieri e Alessandro Rivera hanno messo al lavoro la struttura tecnica per accelerarne lo smaltimento, anche impegnando Fintecna che ha esperienze specifiche.
L’operazione deve essere ancora messa a punto perché Fintecna avrebbe un contratto di servicing con responsabilità in solido e quindi in condivisione con Rocca Salimbeni. E’ questo il punto limite oltre il quale non è possibile spingersi e che naturalmente va concordato con il nuovo partner. Il destino futuro di Montepaschi è dunque segnato, perché la maxi-perdita del 2020 provocherà l’aut aut di Bce: ricapitalizzazione, fusione o soluzioni più drastiche che si vogliono evitare.