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Quota 100

Il governo Draghi resterà prigioniero della lotta alla pandemia?

Che cosa penso delle prime mosse del governo Draghi. L'opinione di Giuliano Cazzola

Secondo l’ultima Indagine rapida sulla produzione industriale (3 marzo) a cura del Centro Studi della Confindustria (CSC) nei primi due mesi del 2021 il settore conferma la sua resilienza, sia pure in un contesto di crisi pandemica che nelle ultime settimane ha mostrato segnali di reviviscenza.

La tenuta dell’industria, il cui peso diretto sul valore aggiunto nazionale è di circa il 19% (al netto delle costruzioni), si scontra con un settore terziario che vale oltre il 70% del Pil e che risulta ancora fortemente penalizzato dalle necessarie misure di contenimento introdotte dal Governo per limitare i contagi da Covid-19. Le più recenti statistiche confermano la netta divaricazione (che si va ampliando) tra queste due componenti del sistema economico e ciò rende probabile, in termini di Pil, il persistere di una situazione di estrema debolezza nel primo trimestre di quest’anno, dopo il -2,0% congiunturale nel quarto 2020.

La produzione industriale italiana ha continuato a crescere anche in febbraio (+0,7%) dopo il rimbalzo rilevato nel mese precedente (+1,3% congiunturale). È atteso un contributo positivo dell’industria alla dinamica del PIL nel primo trimestre, a fronte di un comparto terziario che risulta ancora indebolito dal persistere di limitazioni di attività in alcuni settori e negli spostamenti di persone, con pesanti conseguenze soprattutto lungo tutta la filiera turistica, che ha subito – aggiungiamo noi – un’ulteriore mortificazione con il mancato avvio della stagione invernale. Il CSC cita a conferma delle sue considerazioni il fatto che, secondo l’Istat, la fiducia delle imprese manifatturiere in febbraio sia tornata sopra i livelli di un anno prima, quando si era all’inizio dell’emergenza sanitaria: l’indice è salito a 99,0 contro 98,1 di febbraio 2020. Il recupero della fiducia, dopo la temporanea battuta d’arresto di gennaio, è spiegato da giudizi migliori su produzione e ordini, a fronte di un più basso livello di scorte (che erano state accumulate in gennaio).

Questi dati indicano – scrive il CSC  – che la domanda è cresciuta a un ritmo superiore rispetto a quello atteso, per cui si è avuto una diminuzione delle giacenze di prodotti finiti. La componente estera, in particolare quella di beni strumentali, è il driver principale, secondo gli imprenditori. Anche l’indagine IHS-Markit, condotta presso i direttori degli acquisti, mostra in febbraio analoghi risultati: il PMI manifatturiero (il Purchasing Managers Index è il principale indicatore economico mondiale e si basa su indagini condotte mensilmente su un gruppo di aziende, monitorando i cambiamenti di variabili come produzione, nuovi ordini, livelli occupazionali e prezzi) è salito a 56,9 sui livelli di gennaio 2018. In particolare, gli indici relativi a produzione e ordini sono ulteriormente migliorati, portandosi sui valori di tre anni fa.

 

Il CSC tuttavia invita ad evitare facili ottimismi. Su uno scenario che, ad oggi, nell’industria appare in deciso miglioramento rispetto alla fine del 2020, si proietta, infatti, l’incertezza legata ai rischi di una terza ondata di diffusione del virus, della quale vi sono i primi segnali nelle statistiche sanitarie. Pertanto, è cruciale, secondo la nota, accelerare la vaccinazione della popolazione e intervenire in maniera non generalizzata per ridurre la curva dei contagi ed evitare, così, di interrompere sul nascere i primi spiragli di una ripresa che è ancora debole e lontana dal consolidarsi. Fin qui il CSC.

Chi scrive, però, si sente autorizzato anche da quest’analisi rapida ad insistere su di una domanda: fino a che punto un’economia può permettersi di essere condizionata dal “vincolo esterno” che non è rappresentato solo dal contagio, ma dalle misure che vengono adottate per moderarne gli effetti? Anche nella lotta al virus deve esserci un bilancio costi/benefici, soprattutto quando i costi (la decimazione dell’economia) sono evidenti, mentre i benefici (la salvezza di vite umane) sono solo presunti, perché non è ammessa né possibile una prova contraria (che cosa sarebbe successo sul versante sanitario con meno vincoli e chiusure).

C’è ben poco di nuovo oggi nel sole e tanto di antico: alla scadenza dell’ultimo Dpcm di Conte, è stato approvato un altro Dpcm (persino più voluminoso di quelli precedenti) che dispone più o meno i medesimi divieti e prescrizioni a cui, secondo i colori cangianti, si sono attenuti e dovranno attenersi ancora i cittadini. Tante attività economiche — nell’universo dei servizi — continuano a non lavorare per legge. Certamente, stanziare sovvenzioni più adeguate (vedremo il decreto) e con maggiore sollecitudine è importante per la tenuta sociale di un Paese sull’orlo di una crisi di nervi, ma non consente di uscire dalla logica del primum vivere. Auguriamoci che i cambiamenti introdotti nella linea di comando riescano ad accelerare l’operazione vaccini. È una corsa contro il tempo. Ha visto giusto Draghi. Nelle sue dichiarazioni durante il vertice europeo è emerso chiaramente il pericolo che il premier intravvede e cioè che le mutazioni del virus rendano obsoleti i vaccini fino ad ora disponibili  e insufficiente la campagna delle vaccinazioni che pure ha presentato molte più difficoltà di quelle immaginate. È senz’altro corretto colorare l’Italia trasformando la penisola in un caleidoscopio, chiudere le città per evitare gli assembramenti, assistere i lavoratori e le aziende con erogazioni che non si chiameranno più ‘’ristori’’ ma ‘’indennizzi o sostegni’’.

Il governo, però, non può restare prigioniero della lotta alla pandemia. Si prendano pure le misure occorrenti ed adeguate in modo più energico, con un piglio di cultura militare; ma se l’azione dell’esecutivo dovesse limitarsi ad abbassare le serrande dei negozi e a chiudere le scuole, prima o poi gli italiani si porranno una domanda: per fare questa politica non bastava Conte? C’era bisogno di scomodare Draghi per controllare che i cittadini indossino la mascherina e, quando ci saranno i vaccini, si rechino disciplinatamente a sottoporsi all’iniezione salvavita?

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