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Come procede la Rivoluzione tecnologica del Pentagono

L'analisi di Fabio Vanorio

Il 15 luglio scorso, il Dipartimento della Difesa (DoD) statunitense ha pubblicato la “Digital Modernization Strategy” (di seguito “Documento”), nuova fase della rivoluzione tecnologica che il Pentagono sta conducendo.

Il nuovo Documento programmatico indica le diverse fasi della trasformazione digitale necessarie per la costruzione di un “cloud” accessibile a livello globale, che contenga sia dati militari ad elevata classifica e qualifica, sia servizi IT che il DoD intende acquistare per l’intera struttura (invece di lasciare, come attualmente, a ciascun servizio autonomia di scelta).

Nella dottrina di sicurezza nazionale statunitense, l’attuale Documento è tre livelli sotto la National Security Strategy: rappresenta, infatti, documento operativo della DoD Cyber Strategy (III Livello) e documento di indirizzo per tre documenti di V Livello (Cyber Risk Strategy, Artificial Intelligence Strategy e Cloud Strategy).

Il Documento rappresenta la visione strategica del CIO (Chief Information Officer) del DoD, Dana Deasy, per creare “una architettura IT più sicura, coordinata, trasparente ed efficace che trasformi i dati disponibili in informazione fruibile ed assicuri un’esecuzione affidabile delle missioni a fronte di una persistente minaccia cyber.

Questa visione è guidata nel Documento da quattro priorità ed inquadrata in quattro obiettivi organizzativi.

Le quattro aree di priorità indicate nella Strategia come beneficiarie del nuovo approccio all’era digitale sono:

  • Data Cloud, coinvolgente l’intera struttura del Pentagono;
  • Intelligenza Artificiale;
  • C3 (Comando, Controllo e Comunicazioni);
  • Cybersecurity.

La strategia – che ingloba sforzi già in atto da parte del Joint Artificial Intelligence Center (JAIC) e della DevSecOps Initiative – si concentra su quattro obiettivi principali:

  • Tecnologia (alimentare tecnologie innovative, per aumentare il vantaggio competitivo;
  • Infrastruttura (ottimizzare l’efficienza organizzativa e massimizzare la capacità di risultato della Information Technology Enterprise del Pentagono);
  • Rete (evolvere la sicurezza della rete per una postura di difesa agile e resiliente);
  • Uomo (coltivare il talento umano per disporre di una forza lavoro con prontezza operativa ed esperienza digitale).

I due elementi chiave per il raggiungimento degli obiettivi posti sono:

  • JOINT ARTIFICIAL INTELLIGENCE CENTER (JAIC)

Il ruolo del Joint Artificial Intelligence Center (JAIC), come hub per l’uso dell’Intelligenza Artificiale interno al DoD, è strategico nell’interoperabilità tra Intelligenza Artificiale, Machine Learning ed il decision-making interno al Pentagono, seguendo le raccomandazioni del Defense Innovation Board (DIB).

Il JAIC è stato istituito con la Direttiva OSD 008412-18 del 27 Giugno 2018, a firma Patrick Shanahan, allora Segretario alla Difesa facente funzioni. Il suo consolidamento come hub di conoscenza (teorica ed applicata) in materia di Intelligenza Artificiale a disposizione dell’intero universo di enti e dipartimenti facenti capo al DoD e’ stato posto al cuore della “Strategia per l’Intelligenza Artificiale” pubblicata dal Pentagono il 12 Febbraio 2019.

L’attività del JAIC è focalizzata su quattro aree di capacità:

  1. intelligence e percezione;
  2. manutenzione predittiva;
  3. soccorsi in caso di calamità e aiuti umanitari;
  4. cyberspazio.

Parlando al TechNet Cyber ​​di AFCEA a Baltimora (Maryland) il 16 maggio scorso, Jill Crisman, Acting Chief Technology Officer del JAIC, ha affermato che tra gli obiettivi del JAIC vi è quello di agevolare la diffusione di cyber “sense-making”, aiutando il DoD a comprendere origini e meccanismi di funzionamento dei cyberattacchi che si stanno verificando sui sistemi e reti militari.

Nell’anno fiscale 2020, il JAIC aggiungerà ulteriori due capacità:

  1. attenzionare peer competitors;
  2. gestire il pieno spettro operativo del DoD.

Lo sforzo del JAIC è complementare ai programmi di ricerca e sviluppo sviluppati da DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), con una divisione del lavoro tra JAIC e DARPA impostata nell’attribuzione a JAIC dello sviluppo della attuale intelligenza artificiale a disposizione (“AI now”), impegnando DARPA nello sviluppo delle applicazioni future (“AI Next”).

La dotazione finanziaria del JAIC è in corso di costituzione al fine di consentire al Centro sia di finanziare attività proprie sia relazioni istituzionali con le tech companies. Il budget futuro del JAIC non è stato ancora finalizzato, ma un documento del Pentagono di Giugno 2018 ha ipotizzato stanziamenti per 89 milioni di dollari nel 2019 e 414 milioni di dollari nel 2020. Attualmente il JAIC è situato a Crystal City (dove presente anche il HQ2 di Amazon), ma il CIO del DoD, Dana Deasy, ha affermato che potrebbe aggiungere avamposti vicino agli hub del talento accademico e dell’industria (e addirittura scaturire nell’apertura di una propria sede nella Silicon Valley).

  • JOINT ENTERPRISE DEFENSE INFORMATION (JEDI)

L’uso del cloud computing si pone come obiettivo prioritario quello di proteggere e trattare il patrimonio di dati disponibili da parte del DoD come asset strategico per la sicurezza nazionale, definizione introdotta (per tutte le agenzie federali) con l’Executive Order (“American AI Initiative: on Maintaining American Leadership in Artificial Intelligence) del Febbraio 2019. Nello stesso mese, il Pentagono ha anche pubblicato il documento di riferimento della propria Cloud Strategy relativo alle fasi e alle procedure di migrazione delle proprie funzioni di calcolo e di archiviazione verso un unico cloud.

Joint Enterprise Defense Information (JEDI) è il nome di riferimento del c.d. “War Cloud” e finora ha rappresentato una materia che poco ha avuto di tecnico e molto di burocratico. A causa delle forti critiche da parte del Congresso e dell’industria nei confronti della decisione del Pentagono di creare un unico cloud gestito da un singolo soggetto, assegnando ad un singolo fornitore di cloud commerciale un contratto da 10 miliardi di dollari.

Google si è detto fuori dalla gara ad Ottobre 2018, IBM ed Oracle nell’Aprile scorso. La settimana scorsa, un tribunale federale ha respinto il ricorso di Oracle (il cui CEO, Safra Catz, è stato parte del Presidential Transition Team nel 2016) contro il DoD (e Amazon Web Services come terza parte interessata) consentendo al Pentagono di riprendere (dopo più di otto mesi) le procedure di gara. Ora, è un testa a testa tra Amazon e Microsoft (i cui dipendenti, però, nel 2018 hanno pubblicato su Medium una lettera aperta chiedendo al management di ritirarsi dalla gara per il “War Cloud”). La piattaforma cloud di Amazon Web Services è, comunque, leader nel mercato e l’assegnazione a Jeff Bezos – nelle attuali condizioni – è quasi scontata.

Recentemente, infatti, Trump si è riservato di intervenire direttamente nel problema.

L’atteggiamento costantemente contrario a Trump mantenuto dal 2016 dal Washington Post potrebbe avere rilevanza nella decisione.

Le critiche alla scelta della soluzione a contractor unico da parte del Pentagono per JEDI richiamano soprattutto l’esperienza del Commercial Cloud Enterprise (C2E) da parte della Central Intelligence Agency (CIA).

La CIA, che nel 2013 ha firmato con Amazon Web Services per un cloud di tipo C2E dove ospitare i suoi dati classificati, si sta ora, infatti, espandendo in un ambiente multi-cloud e multi-vendor.

Il cambiamento (da uno a più contractor) deciso da Langley sta supportando le proteste nei confronti delle scelte del Pentagono inerenti JEDI (un solo contractor). Tuttavia, secondo John Sherman, CIO per l’Office of the Director of National Intelligence (DNI), l’evoluzione della CIA non è un paragonabile a JEDI poiché la CIA ha inizialmente sperimentato la stessa formula del Pentagono, accumulando esperienza prima di cambiare modulo nell’uso del cloud. In una conferenza stampa del 25 giugno scorso, Dana Deasy ha precisato che iniziare con un unico contractor per la gestione del cloud limita enormemente sia la fase propedeutica (i controlli in termini di clearance e affidabilità interni al Federal Risk and Authorization Management Program), sia quella di gestione (le successive fasi di test, data points, encryption points, addestramento ed apprendimento delle interfacce e dei software impiegati).

Ciononostante, un recente rapporto del Comitato per gli Stanziamenti della House ha lamentato che l’appalto JEDI potrebbe bloccare il DoD su un unico fornitore per almeno dieci anni, limitando le opportunità di innovazione. Il rapporto del Congresso sollecita il DoD ad adottare le lezioni apprese dall’esperienza della CIA nell’implementazione del cloud computing negli ultimi cinque anni. Ciò, però, richiederebbe un’integrazione ed una collaborazione tra i due soggetti che, storicamente e nell’attuale realtà dei fatti, non sussiste.

Il Senatore Ron Johnson (R-Wisconsin) ha scritto una lettera al Pentagono esprimendo le sue preoccupazioni relative alla gestione della procedura di assegnazione del contratto JEDI ed ha anche parlato con Trump del problema. Contestualmente, il Senatore Marco Rubio (R-Florida) ha chiesto formalmente al Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, di ritardare l’assegnazione del contratto finché non sia garantita un’adeguata competizione. Anche Rubio ha espresso a Trump i suoi timori in materia.

Se JEDI è il “war cloud” del Pentagono, DEOS (Defense Enterprise Office Solutions) è il “business collaboration cloud”. DEOS è il meno conosciuto dei due contratti che il Pentagono deve assegnare nel 2019. I due contratti sono simili in dimensioni, durata e singola assegnazione, ed entrambi hanno un chiaro favorito. Mentre Amazon Web Services (AWS) lo è per JEDI, Microsoft lo è per DEOS grazie alla suite Office 365 presente massicciamente in tutte le agenzie federali di difesa e civili (secondo Bloomberg, Microsoft avrebbe contratto dal 2015 circa 4,2 miliardi dollari in accordi di licenza per l’uso dei software con le agenzie federali).

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Le priorità e gli obiettivi sopra specificati fanno tutti riferimento all’ufficio del CIO Deasy, al quale, di recente, è stato riconosciuto un aumento dell’autorità nel controllo del Bilancio dedicato all’IT (l’attuale portafoglio IT ha un valore di circa 50 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2019), centralizzandolo nella sua unica figura per l’intero Pentagono, compresi i servizi militari.

Tutti gli avanzamenti tecnologici, presenti e futuri, saranno alla base della ottimizzazione da parte del DoD dell’impiego dei nuovi sistemi IT, come nel caso del Cloud Enterprise, e delle risorse da combattimento, come le reti C3, nonché nello sforzo generale da parte del DoD nel garantirsi nuova competitività in tutti i settori emergenti, (Intelligenza Artificiale, Big Data Analytics, Blockchain, Quantum Computing, Internet of Things, Connettività Wireless 5G ed altro ancora).

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Fabio Vanorio è un dirigente del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Attualmente vive a New York. Si occupa di economia della sicurezza nazionale, mercati finanziari, ed economia internazionale (con particolare attenzione al climate change, ed ai rapporti tra Intelligenza Artificiale e crescita economica). Scrive anche per l’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli” e per l’Hungarian Defense Review.

DISCLAIMER: Tutte le opinioni espresse sono integralmente dell’autore e non riflettono alcuna posizione ufficiale riconducibile né al Governo italiano, né al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale.

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